Le
prossime primarie a Milano
Paolo
Pinardi
-
novembre 2005 -
A
fine gennaio, come molti lettori di Martesanadue sanno, si terranno le
primarie a Milano per stabilire chi sarà il candidato sindaco per il
centrosinistra.
Non ci annoveriamo tra gli entusiasti per questa forma di partecipazione
alla politica. Lo ammettiamo: siamo dei nostalgici dei partiti di massa
quando a Milano solo il Pci aveva più di 50.000 iscritti (oggi Ds,
Rifondazione e Pdci non arrivano a 10.000) e più della metà erano
militanti o comunque attivi nei quartieri, nei posti di lavoro nella
società nel suo complesso. Corpi o comunità talmente presenti da essere
strumenti veri di partecipazione e di crescita civica e culturale di un
paese intero; e dove il governare o l'amministrare erano strutture
istituzionali neanche prioritari rispetto a spazi talmente estesi da
essere loro stessi forme di governo e autogestione sociali. C'è da
rimpiangere quei tempi rispetto al presente dove ormai i partiti sono dei
comitati elettorali gestiti da un ceto politico incapace di rinnovarsi e
formare quadri dirigenti perché privo di una presenza reale nel
territorio.
Nella nostra zona a testimonianza simbolica di ciò abbiamo il palazzone
di via Volturno e la palazzina di via Padova vuoti e abbandonati; in
quest'ultima sono stati lasciati a se stessi gli ultimi militanti diessini
e messo in strada uno dei più importanti circoli culturali milanesi (il
B. Brecht); dopo quasi due anni di desolazione sarebbe auspicabile che i
ragazzi dei centri sociali li occupassero o comunque li utilizzassero per
affrontare l'emergenza casa: siamo
quasi sicuri che i partigiani che requisirono via Padova 61 e i tanti
militanti che contribuirono alla costruzione della Federazione di via
Volturno sarebbero d'accordo.
Detto questo, meglio le primarie e le centomila persone che hanno votato
in città l'ottobre scorso che un piccolo ceto politico che si autoproduce
al punto tale che per l'elezione del parlamento, sia con l'attuale sistema
maggioritario che con il nuovo proporzionale, segreterie ristrette si
spartiscono collegi e circoscrizioni senza che nessuno possa
avere voce in capitolo.
Manteniamo la nostra preoccupazione su un eccesso di leaderismo slegato
dai contenuti e soprattutto sui processi politici che possono innescare
determinate letture dei risultati delle primarie; ad esempio il fortissimo
risultato di Prodi incoronato anche
perché vissuto da tutti come colui che sconfiggerà l'odiato Berlusconi
si è tradotto immediatamente in una ripresa della volontà di
accorpamento dei due principali partiti (i Ds e la Margherita) dal sapore
moderato aldilà delle intenzioni degli oltre tre milioni di elettori che
lo hanno votato.
A Milano continuiamo a pensare che le vere primarie sarebbero, visto il
sistema elettorale, il primo turno delle stesse elezioni comunali del
maggio prossimo, dove senza drammi potrebbero concorrere e misurarsi le
due idee di città che esistono nel centrosinistra (quella che guarda alle
regole, alla governabilità, ai forti interessi in gioco, alla legalità e
quella che guarda al tessuto sociale precarizzato e alla sostenibilità di
questa metropoli, alla solidarietà dentro una città atomizzata e tra le
diverse città che esistono a Milano); per poi al secondo turno trovare
l'accordo per mandare a casa
Albertini, decidere se e come governare insieme, provare a cimentarsi con
una città alle corde dopo quindici anni di giunte di destra leghista e
berlusconiana che ci siamo bevuti anche per gli errori e le contraddizioni
delle giunte del quindicennio precedente (il riformismo craxiano e
migliorista).
Non vorremmo che la storia si ripetesse: la speranza è che nella
coesistenza di quelle due idee di città non soccomba la solita. Non
nascondiamo il nostro pessimismo di militanti e osservatori della sinistra
milanese: - una Camera del Lavoro incapace di unire e far pesare la città
dei lavori e degli sfruttati: dai metalmeccanici in lotta per il contratto
sempre più
invisibili perché nessuno ne parla e perché continuano a chiudere
fabbriche e uffici, ai tanti lavoratori dei servizi pubblici e dei centri
commerciali ai tantissimi Co.co.co, partite Iva o temporanei delle mille
specie nelle centinaia di call center o di agenzie varie; a quelli
totalmente in nero sparsi per i tanti cantieri, frutto di una politica
urbanistica sfrenata, spesso trattati come schiavi e gestiti da
particolari agenzie del lavoro (i caporali), a quelli che lavorano e
vivono sulle migliaia di furgoni in giro per la città per conto dei vari
Corrieri.
- una sinistra Ds ormai politicamente inesistente comprata dai quattro
soldi dei quattro posti di potere a loro assegnati
- una Rifondazione che vive di luce riflessa e relative ombre del suo
segretario nazionale e che scambia l'iniziativa politica con le
dichiarazioni ai giornali e che rischia di essere marginalizzata
nonostante l'importante risultato delle recenti Regionali con Agostinelli
dove vi è stato un intreccio proficuo tra politica, sindacato e movimenti
e tra diversi pezzi di elettorato della sinistra milanese e lombarda -
perfino il mondo dei movimenti e dell'associazionismo politico milanese
vive una sua crisi grazie alla quale determinati professionisti delle
scadenze elettorali locali non hanno trovato di meglio che presentarsi con
liste che hanno preso l'uno virgola qualcosa (alle ultime comunali con
miracolo a Milano) e lo zero virgola qualcosa (alle ultime provinciali con
la lista delle liste); per fortuna in questi anni sono cresciuti comitati
contro la cementificazione (dal garibaldi-repubblica alla Fiera e alle
molte altre aree dismesse, dalle gronde ai parcheggi sotterranei) che
esprimono una politica urbanistica alternativa credibile anche se finora
con scarsi risultati: nella nostra zona, anzi, la difesa del bosco in via
Gioia e dei campi sportivi di via Padova ha registrato due sonore
sconfitte ad opera delle nostre brillanti istituzioni; nel primo verrà
costruito l'ennesimo palazzone della Regione Lombardia e nei secondi una
enorme caserma della Guardia di finanza: almeno una volta ci costruivano
case e fabbriche..
Se a queste nostre esasperazioni locali aggiungiamo la situazione di
sbando che nell'Unione nazionale contraddistingue la sinistra non
moderata, come è emerso anche dall'ultima assemblea della Camera di
consultazione di Asor Rosa e Valentino Parlato, il quadro è completo.
Ds e Margherita riprovano a Milano, con un Ferrante ormai da loro
ingabbiato, la stessa operazione politica fallita con Veronesi per
contraddizioni interne: gli stessi poteri forti, la stessa società civile
che abita dentro le mura, un'Amministrazione Provinciale con il Presidente
preso da quote azionarie e Consigli d'Amministrazione; le primarie le
hanno tutto sommato subite come del resto gli sforzi programmatici del
cantiere e copriranno la loro debolezza con la costante presenza a Milano
dei vari big nazionali da Fassino a Rutelli a D'Alema, anche per
sottolineare la coerenza con i processi politici nazionali a differenza
delle primarie siciliane.
Per fortuna dalla latitanza della sinistra milanese è uscito un
dirompente e scassagiochi Dario Fo; a questo punto ne vedremo delle belle
e vale la pena provarci e impegnarci per far vincere non solo l'ottantenne
impolitico meglio dei tanti cinquantenni politicisti, ma colui che, per
quello che è stato e che è, può invertire un nostro andazzo ma
soprattutto far contare e far vincere quell'idea di città che lui in
questi giorni sta incontrando nella casa occupata di via Lecco.