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Pensare a Milano di Vincenzo Viola e Enzo Tabacco Siamo nel pieno della campagna elettorale per le Regionali. Qui in Lombardia lo sforzo per abbattere il decennale “regno” di Formigoni, gravato da una fin troppo fitta trama di legami interni e internazionali, è enorme e richiede l’impegno di tutti a sostegno della lista unitaria del centro-sinistra. Eppure proprio in questa situazione noi riteniamo che sia indispensabile pensare a Milano e avviare un lavoro che porti alla stesura di un progetto e di un programma amministrativo per vincere, fra un anno, le elezioni comunali della nostra città. Infatti Milano è, per ovvie ragioni, il nodo centrale della Lombardia e sviluppare un serio ragionamento politico e una mobilitazione delle competenze e della partecipazione sui nodi dell’area urbana non può che rendere più efficace l’iniziativa in ambito regionale. Ma vi è qualcosa che va al di là della sia pur rilevante contingenza elettorale: nel momento in cui il confine tra gli schieramenti si fa molto labile (che triste spettacolo osservare “uomini illustri” sostare incerti recitando giaculatorie su un ipotetico riformismo in attesa di vedere a quale potenziale vincitore accodarsi….), la discriminante etica e politica di fronte ai cittadini elettori avviene sulla base dei valori che, chi si propone come amministratore, dichiara di porre come fondamento alla propria azione. Ma anche qui le ambiguità non mancano: chi, di qualsiasi schieramento, non è pronto in fase elettorale a dichiararsi a favore dell’innovazione, della giustizia, della solidarietà, della trasparenza, della formazione dei giovani e della tutela degli anziani? La sfilata di incarnazioni-personaggio con cui Berlusconi ha condotto la campagna del 2001 (presidente operaio, presidente imprenditore, presidente uomo di stato e presidente padre di famiglia, ecc.) va proprio in questa direzione e sappiamo quanto sia ingannevole questo tipo di messaggio. I valori quindi non possono vivere come astrazioni isolate, buoni per essere enunciati in elenchi contraddittori, ma devono essere organizzati in un progetto: operazione che comporta delle scelte su ciò che si intende fare, su ciò che è compatibile e su ciò che non è compatibile, su come si intende operare, con chi e con che mezzi. Il
punto da cui far partire la nostra riflessione per costruire un progetto
è quello di considerare le linee di tendenza che caratterizzano il
momento attuale di Milano e di calibrare un programma per la città che
sia credibile ed efficace. Dagli anni Settanta l’economia milanese ha
indirizzato la sua attività al settore terziario dedito soprattutto alla
finanza, all’intermediazione e all’immagine; alla vocazione al
profitto, tipica della fase di sviluppo, si è sostituita, in modo
crescente, la vocazione alla rendita. Gli investimenti in ricerca e
innovazione sono stati ridimensionati con la conseguente lenta ma
inesorabile perdita di competitività di tutto il sistema industriale. La
crisi industriale si è riversata ovviamente sul mondo del lavoro, non
soltanto in termini quantitativi di produzione e di occupazione, ma anche
e soprattutto i termini di qualità. La domanda di lavoro si è
impoverita: le nuove professioni richieste sono in genere di basso livello
e comunque di scarso contenuto culturale e tecnologico. Il sistema
industriale-finanziario e quello culturale non hanno retto il confronto
con l’economia globale e la mobilità sociale, che aveva caratterizzato
per decenni la vita e lo sviluppo di Milano, si è drasticamente
ridimensionata: Milano ha perso un volto – quello della città del
lavoro, della cultura e dello sviluppo – e non ne ha ancora trovato un
altro, degno di una grande città europea, ma presenta quello di società
diseguale, nella quale i vincitori governano e i ceti soccombenti vengono
di fatto esclusi dai diritti pieni di cittadinanza. E’ il modello della
cosiddetta società dei “due terzi”, che oggi ha prodotto una
condizione di solitudine: essa non va limitata a uno stato
d’animo soggettivo, ma è l’esito di una situazione economica e
sociale fondata sulla precarietà, che frammenta e segmenta il quadro
sociale ed è antitetica allo sviluppo di una società – la città dei
“tre terzi”- in cui tutti siano pienamente cittadini. Allora
al centro del nuovo volto di Milano vogliamo mettere la persona,
che come soggetto della vita sociale si realizza: o
nel lavoro (e quindi nella cultura e nello sviluppo). o
nella cittadinanza piena e consapevole. o
nella solidarietà intesa come bene e valore di tutta la
società. Ma per passare da affermazioni che possono apparire velleitarie o utopiche all’avvio di una iniziativa politica è necessario che il progetto divenga specifico, preciso e con una sua personalità, cioè milanese non perché parla di Milano, ma perché individua problemi e soluzioni precipue di Milano. Questo risultato può nascere solo da un’azione ad alta e composita partecipazione: i destinatari di questo progetto – i cittadini - divengano soggetti della sua traduzione in programma. Riteniamo imprescindibile realizzare una capillare consultazione di individui, associazioni, forze politiche, sindacali, organizzazioni, movimenti: essi possono essere non solo coscienza critica, ma anche esprimere iniziativa di governo. Senza la consultazione e il coinvolgimento dei cittadini non si va da nessuna parte, se non al ripetitivo e sterile gioco della scelta dei nomi: invece attraverso un’opera di ascolto e di condivisione si potranno selezionare, oltre ai punti del programma, anche le persone che saranno indicate per realizzarlo. Per avviare il confronto abbiamo posto un documento di base su due siti: e abbiamo attivato i seguenti indirizzi e.mail: Attendiamo adesioni, interventi, correzioni, consigli. Se
ci saranno sufficienti adesioni
organizzeremo un’Assemblea nella quale si discuteranno le
linee generali del progetto e si valuterà la possibilità di
costituire un Comitato per Milano 2006, con l’obiettivo di costruire un
progetto per la nostra città.
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