Da
Craxi Pillitteri Borghini a Renzi Sala Parisi
No ad una nuova normalizzazione. Manteniamo aperta la speranza del cambiamento del 2011
l'associazione Enrico Berlinguer
promuove una riflessione a partire dalle giunte di sinistra degli anni 70/80 ad oggi con
Paolo Pinardi, Basilio Rizzo,
Massimo Ripamonti, Francesco Rizzati, Grazia Corsetti, Massimo Gatti
Domenica 22 Maggio h. 10,00 - via Solari 40 - Mi
Nei prossimi cinque anni risulterà decisiva la presenza, a differenza della scorsa legislatura, di un soggetto con una sua autonomia propulsiva capace di essere riferimento costante per la città e di mettere direttamente in moto proposte, movimenti e conflitti tali da incalzare anche chi si è adeguato rinchiudendosi nel recinto del condizionamento interno o chi fa stellari e isolate opposizioni: un soggetto quindi più efficace (altro che testimonianza) in grado anche di proporre percorsi unitari provando a far saltare a Milano e a livello nazionale la stessa strategia renziana.
Insomma la questione incompiuta rimane come evitare la normalizzazione ripetendo, con caratteristiche diverse ma sempre tale, quelle storiche del novecento. La storia di Milano con i suoi ricorsi ci dice di una città complicata per la sinistra e strettamente correlata con le vicende nazionali.
Ad una prima fase propulsiva di inizio novecento, dopo la fondazione del partito socialista ed i moti del 98, con l'affermarsi di un municipalismo socialista che aprì la strada all'intervento pubblico sulle case popolari, sui prezzi dei generi alimentari di prima necessità e sui primi servizi pubblici (rendendo quasi irrilevanti gli argomenti del dopo unificazione e tipici della speculazione circa lo smantellamento delle mura, il riempimento dei navigli o addirittura la distruzione del castello liberando aree pari a quasi un terzo della città di allora), seguì con la prima guerra mondiale un pericolo fascismo fronteggiato da un riformismo debole (memorabili alcuni articoli di Gramsci sui dirigenti riformisti e sulle caratteristiche elitarie dei circoli socialisti in città) che portò lo stesso Caldara a perdersi e sbandare prima e dopo il prevalere definitivo dei fascisti.
Breve ma intensa con la vittoria della Milano partigiana il fermento culturale e urbanistico riferito alla ricostruzione della città interrotto dalla guerra fredda e da un ventennio laico-democristiano fatto di rendita fondiaria e speculazione nel tentativo di contenere aree industriali e case popolari (con un Greppi sindaco quasi subito assorbito dal ripiegamento centrista). La stessa occupazione della prefettura alla fine del '47 a difesa del suo prefetto partigiano (guidata da Paietta e con un Togliatti agnostico) fu la premessa di una lunga resistenza che permise vent'anni dopo l'incontro con i movimenti studenteschi e operai.
Un
decennio di movimenti e lotte che ebbe una ricaduta amministrativa con i
successi elettorali del 1975 con Milano più sottotono anche se con un Pci al
30% e Dp al 4%. L'iniziativa di Aniasi (che presto lascerà per sindaci craxiani)
permise la formazione di una giunta di sinistra con nei primi anni una spinta
propulsiva fortissima basata su una ampia partecipazione popolare con comitati e
partiti (fu l'inizio di un decentramento vero e diretto poi soffocato e
ingabbiato da formalismi e burocrazie che ancor oggi con i nuovi regolamenti lo
rendono debole, inutile e assoggettato a Palazzo Marino), che permise una
variante generale di piano avanzatissima (recupero del degradato, espropri con
la 167 al Garibaldi, difesa delle aree produttive rispetto ad un terziario da
regolamentare), un vasto piano di edilizia popolare (incredibili ancor oggi i
700 appartamenti Iacp in piena Isola rispetto alla cementificazione odierna del
Garibaldi-Repubblica con soli 10 appartamenti in edilizia convenzionata) e altro
ancora.
Tutto fu breve; lo scontro con il craxismo vincente a livello nazionale che
voleva fare di Milano la sua vetrina fu durissimo con un Pci spaccato e parte
del suo gruppo dirigente ormai al suo servizio: vinse di nuovo la speculazione
con il Passante, il Progetto casa (50% a Ligresti il resto Acli, Cl e
cooperative), il consociativismo e una vera e propria controriforma urbanistica.
Lo scioglimento del Pci bloccò qualsiasi reazione in corso nel partito
milanese, poi arrivò finalmente Mani Pulite: nel 1990 il Pci prese alle
comunali il 19% lo stesso risultato di Dc e Psi, nel 1993 il disastro con la
vittoria delle destre che durerà un altro ventennio e un Pds ridotto all'8% con
Rifondazione interprete dei valori e dell'originalità dell'esperienza comunista
all'11%.
Una normalizzazione allora che pesa ancora oggi e che alla fine ha mostrato
nell'esperienza di questi 5 anni contraddizioni e debolezze tali da essere
facilmente fagocitato da un nuovo craxismo: un renzismo in salsa milanese. Tocca
a noi sconfiggerlo con intelligenza caparbietà radicalità e spirito unitario.