Arese passato e futuro

di Mario Agostinelli

C'era un tempo in cui in fabbrica entrava il grande Eduardo De Filippo e c'era un tempo in cui il popolo operaio, con il vestito della festa, varcava insieme a tutta la famiglia la soglia del grande “capannone 6” per andare a teatro. È accaduto molti anni fa, all'inizio degli anni 80, all'Alfa di Arese. Undicimila persone, tra operai e loro famigliari, accorsero in massa per assistere alla rappresentazione della "Filumena Marturano". Alla fine dello spettacolo c'era una processione infinita sul palco, perché ognuno voleva lasciare un ricordo al grande napoletano: una parola, una fotografia, un ricamo fatto a mano. «Io non ce la faccio più. E dove li metto tutti questi regali?», diceva l'artista al capo del consiglio di fabbrica. Si andò avanti così fino alle due di notte. Questa era l'Alfa Romeo di Arese. Lì erano arrivati molti lavoratori dal sud e da lì partivano orgogliosi a bordo della Giulietta, costruita con le loro mani per tornare al paese di origine, «perché quando i paesani sentivano il rombo si toglievano il cappello».

Quasi ventimila lavoratori, nel periodo di massimo splendore, varcavano i cancelli di Arese e l'Alfa era protagonista dell'immaginario collettivo. Nello stabilimento c'era un ciclo produttivo completo: entrava il rottame grezzo e uscivano autovetture fiammanti. Il consiglio di fabbrica era composto da 400 persone e se salivi sul tetto della fabbrica potevi andare in qualsiasi reparto, senza toccare mai terra. L'operaio meridionale venuto nella grande fabbrica milanese in cerca di un nuovo futuro veniva immortalato dalla macchina da presa di Luchino Visconti in “Rocco e i suoi fratelli”. L'Anonima Lombarda Fabbrica Automobili aveva, dunque, nell’eccellenza del prodotto e dei lavoratori, la sua vera forza: l'auto era un bene di massa con il quale ci si identificava.
Ma lo stabilimento di Arese, in quei due milioni di metri quadrati, oltre ai bolidi della strada, produceva anche parlamentari. Almeno trentuno sono, infatti, gli operai strappati alla catena di montaggio e mandati sugli scranni di Montecitorio. Faticare insieme aveva un senso e il lavoro un valore riconosciuto.

Arriva anche il tempo della gestione Fiat, simbolicamente annunciato il primo giorno con il sequestro a mensa dei mazzi di carte con cui si socializzava durante la pausa.  1600 miliardi di finanziamento pubblico per una produzione nuova, ma la crisi del gruppo torinese e il ridimensionamento delle sue produzioni conducono allo svuotamento dello stabilimento, con la dismissione di aree ancora efficienti e modernamente attrezzate. Oggi la fabbrica è stata sventrata e le catene sono state fisicamente tranciate in due notti per non permettere la ripresa della produzione con il reintegro dei cassintegrati imposti dal pretore.

Cosa rimane o cosa potrebbe rinascere da una storia così straordinaria e così drammaticamente dissipata?

Ormai il progetto di un “Polo della Mobilità Sostenibile” ad Arese sta prendendo slancio. Si trattava di una sfida “impossibile”. I primi a lanciarla sono stati i lavoratori con i sindacati dei metalmeccanici. Non hanno accettato come ineluttabile l’annichilimento della presenza di un’attività industriale di punta  e la sfida è stata raccolta e condivisa dalla Regione Lombardia. Così ha preso avvio il progetto di un “polo” di attività di ricerca, servizio e industria manifatturiera orientate a fornire prodotti e servizi per la “mobilità sostenibile”.

 Una svolta coraggiosa ed ancor poco conosciuta ed apprezzata soprattutto a sinistra, dove si fa tuttora fatica a coniugare politiche industriali, qualità della vita, occupazione, emergenza ambientale e impegno pubblico per l’estensione dei diritti a cospetto di un mercato subito come ostacolo insormontabile per ogni progetto di trasformazione.

L’idea sottostante al progetto costituisce, per certi versi, una rovesciamento del tradizionale rapporto tra territorio e industria: non più “ciò che è buono per l’impresa deve necessariamente essere buono per il territorio”, che ne subisce tutte le esternalità scaricate, bensì “ciò che è buono per il territorio genera una domanda di prodotti e servizi che costituisce un’opportunità per l’industria”.

La decisione di cambiare prodotto, sostituendo ad una merce tradizionale un "obiettivo sociale" come la mobilità sostenibile, è nata in lunghe discussioni, innumerevoli incontri, riunioni dei consigli di fabbrica, assemblee e votazioni. E’ interessante come da una vicenda concretissima, scandita da scioperi, lotte, trattative, ma che ha saputo riscoprire il valore sociale del lavoro e compiere una maturazione culturale complessa per superare una dimensione prevalentemente difensiva, si sia configurata una risposta industriale credibile, che costituisce ambiziosamente un tentativo di corposo insediamento manifatturiero non tradizionale, così innovativo dal punto di vista energetico e ambientale da proporsi come non dissipativo, pur occupandosi di produzione di massa e di mercato. Ad Arese si dovrebbe fare ricerca, progettare, ingegnerizzare e commercializzare un prodotto socialmente desiderabile, che si definisce “mobilità sostenibile”,  proponendo soluzioni alla crisi ambientale del territorio lombardo, riqualificando il sistema industriale in settori di avanguardia, riposizionando l’impegno della ricerca avanzata nel settore decisivo del trasporto, oggi esposto alla crisi del settore auto nazionale e, infine, inserendo il nostro paese nel piano strategico UE, incentrato sull’impiego delle fonti rinnovabili e dell’idrogeno come vettore energetico del futuro.

Così come interessante è il ruolo che la ricerca pubblica viene ad assumere con la trasformazione in corso. ENEA ha ricevuto dalla Regione Lombardia l’incarico di definire il quadro concettuale di riferimento per lo sviluppo del “polo” e di proporre l’insediamento di progetti di punta credibilmente suscettibili di incentivare attività manifatturiere a basso impatto ambientale.

Così, nella prospettiva di un ridisegno sistemico del trasporto di persone e di merci, l’area di Arese diventerebbe l’epicentro di un progetto che si propone la costituzione di un distretto innovativo per il settore automotive e il re-insediamento di attività manifatturiere, collegate alla possibilità di riduzione dei volumi di traffico, alla riorganizzazione della logistica delle merci, alla produzione di veicoli a basso impatto ambientale, inizialmente favoriti nella loro diffusione da una politica pubblica delle amministrazioni in stretto rapporto con il loro cittadini e, infine, sostenuta dalla diffusione delle strutture adeguate al loro successo.

Assieme allo sviluppo del trasporto pubblico, l’idea chiave per superare l’insostenibilità del sistema di trasporto attuale riguarda la costituzione di nicchie di mercato per la diffusione dei nuovi prodotti. Prendiamo il caso dei veicoli alimentati a idrogeno. Tutte le maggiori case automobilistiche hanno realizzato prototipi funzionanti, ma la mancanza di una rete di rifornimento costituisce uno dei maggiori ostacoli allo loro diffusione sul mercato. Con iniziative promosse dalle amministrazioni pubbliche in aree territoriali circoscritte, come quella metropolitana milanese, si comincerebbe con “forzare la domanda” inducendo i gestori di flotte di mezzi dedicati (taxi, car sharing, consegna merci) a circolare in corsie ed orari preferenziali solo adottando i veicoli di nuova concezione e promuovendo la realizzazione di reti “distrettuali” di stazioni di rifornimento.

In conclusione, sta nascendo nel cuore della Lombardia un progetto industriale trainato da domanda di prodotti sostenibili e quindi intrinsecamente meno dissipativo e più attento al territorio rispetto alla crescita tradizionale. Una autentica novità per i soggetti economici e sociali, ma soprattutto per la politica e le amministrazioni, che si trovano a misurarsi con una valenza strategica e sistemica troppo grande per poter essere governato da lobby chiuse, secondo la cultura prevalente dei Governi in carica nella Regione più ricca del Paese.Vogliamo far diventare anche questo un autentico cimento per la cultura di governo e di cambiamento del centrosinistra?