per un'altra lombardia

Spunti programmatici per una alternativa al centrodestra in Lombardia

Premessa

Si è venuta manifestando in questi ultimi anni una comune volontà tra movimenti, associazioni, forze politiche di opposizione, nella lotta contro la guerra, per la difesa della democrazia e per l’allargamento della partecipazione, per una nuova centralità del lavoro, per una politica antiliberista che proponga all’Italia e all’Europa uno sviluppo coerente con l’estensione dei diritti ed il rispetto dell’ambiente e, dunque, capace di cambiare una crescita cieca e rovinosa.

Si afferma di conseguenza il bisogno non solo della lotta contro un privatismo assoluto ed indiscriminato, ma per una rivalorizzazione e riqualificazione del pubblico. Acqua e energia, scuola ed università, sanità e previdenza, conoscenze e culture, sono beni comuni che non possono essere abbandonati alle leggi di mercato, ma debbono essere qualificati come patrimoni e diritti da condividere.

In questo contesto l’immigrazione è stata colta come un’occasione straordinaria di arricchimento civile e culturale, la prova decisiva di quanto lavoro e cittadinanza possano procedere insieme per dare un volto di giustizia ad una globalizzazione feroce.

Tutto questo in Lombardia è stato ed è duramente contrastato dalle forze che governano da due legislature. Le lotte del mondo del lavoro, la vitalità dei movimenti nella società, la penetrazione di progetti alternativi, le innovazioni di molte amministrazione locali, sono attaccate e offuscate da una cultura e da una iniziativa politica che ha anticipato qui le peggiori lineee del Governo Berlusconi ed ha ceduto il campo ai sentimenti xenofobi e razzisti che la Lega ha sparso a piene mani.

La Lombardia si ritrova oggi con una società poco coesa, una economia indebolita, un sistema pubblico destrutturato, un orientamento di governo che costringe le risorse della popolazione e la ricchezza del territorio in un disegno regressivo e conservatore di autoisolamento, fuori da progetti di respiro europeo o anche solo nazionale.

Ora che per scrollarsi di dosso i marchi politici in disgrazia a livello nazionale, la destra si sta inventando una “lista del Governatore”, non basta che l’opposizione che vuole andare al governo adotti le sue scelte e i suoi progetti nel chiuso degli apparati.  Noi elettori impegnati nella società lombarda a sostegno e promozione di progetti civili e di diritti sociali che la Giunta di destra ha insistentemente attaccato e messo in discussione in questi anni, guardiamo preoccupati a come l’opposizione tutta si prepara alla scadenza elettorale regionale della prossima primavera: voci di candidati possibili, ma ancora insufficiente attenzione al programma in costruzione e alla mobilitazione sociale chiamata a sostenere la prossima campagna elettorale.

Già per le elezioni del 2005 occorre essere in grado dalla nostra regione di lanciare un messaggio alternativo e di fare campagna su questioni concrete, per ricomporre Nord e Sud, qualità dell’economia e modelli di vita solidale, diritti e partecipazione democratica, lavoro e natura.

Noi ci rivolgiamo all’intera coalizione che si opporrà alla destra, anche a quella parte di essa che ancora non cogliesse la drammaticità e la velocità dei processi in corso e stentasse ad aggiornare la propria analisi.

Senza sufficiente ascolto della società, senza ripensamento e verifica della rappresentanza e senza progetto politico, anche le lotte più generali, che in Lombardia ricevono sostegno da un sindacato e da una articolazione di movimenti e associazioni molto vivi,  vengono relegate in una dimensione difensiva, mentre si inaridisce la democrazia, che viene scossa dall’offensiva restauratrice e azzittita dal fragore delle armi.

Eppure, mai come in questa fase le classi dominanti sono apparse incapaci di una proposta attrattiva per la nuova generazione, di un orizzonte inclusivo per tutti i popoli del pianeta, di una risposta per la sopravvivenza della specie umana.

Si tratta di una crisi rilevante, a cui sembrano rispondere con lucidità i movimenti che hanno assunto la lotta per la pace come una forma costituente della politica e che hanno articolato proposte alternative sempre più incisive sulle questioni di lungo periodo, ma che non sono in grado di reggere senza la politica il peso di uno scontro sui poteri in un passaggio epocale in cui enorme è la posta in gioco.

Per questo sentiamo il bisogno di un nuovo modo di far politica, di un circuito produttivo tra sinistra e movimenti, tra programma partecipazione  e rappresentanza, di una aggregazione che vada oltre la pratica dei poteri e che circoscriva con chiarezza gli obiettivi per cui mobilitare e mobilitarsi.

Ci sentiamo parte, nello specifico della Lombardia,  di un processo nazionale di ricomposizione a sinistra e di riequilibrio dell’alleanza che si profila per battere Berlusconi.   

Infatti la crisi è globale e locale, come globale e locale deve essere la risposta da articolare e da mettere in campo, proiettando sul territorio una visione organica di comprensione dei processi sempre più veloci, sempre più insensati, sempre più autoritari che governano una società ridotta al silenzio o, al massimo, a fare da spettatrice, mentre ricompare attualissimo il conflitto tra capitale e lavoro e guerra e terrorismo si inseguono in una spirale perversa che vorrebbe dettare le regole delle relazioni tra popoli e culture.

Così ci è parso utile indicare da Milano e dalla Lombardia sette percorsi di ricerca, di proposta e di lotta, attorno a cui, da una parte articolare spunti programmatici e, dall’altra favorire un processo politico aggregativo. Percorsi tuttaltro che già definiti, da radicare nei movimenti, da insediare nel mondo del lavoro, da alimentare continuamente con innovazione culturale, da aprire a tutti i democratici in cerca di convergenze durature e di una strategia di lungo respiro.

 

Sette  spunti politico-programmatici per la Lombardia

1. Siamo di fronte all’inquietante novità della guerra preventiva cui si risponde efficacemente solo con una lotta per la pace che diventa il discrimine dei comportamenti politici. Il nodo irrisolto di un durissimo confronto tra una concezione unipolare della civiltà e della sicurezza e una prospettiva di riunificazione del mondo sta, sul territorio, in un modello di consumo meno distruttivo e in una apertura agli immigrati nella condivisione delle risorse materiali e immateriali a disposizione. Si tratta di nodi di fondo per respingere la militarizzazione della politica e della stessa globalizzazione economica, modificando, nel profondo, le pulsioni che hanno attraversato in questi anni la Lombardia, i suoi comportamenti civici, le decisioni delle sue istituzioni e riflettendo sul diffondersi di una economia di guerra pur nella crisi del suo apparato produttivo.

Va affermata una idea delle autonomie locali aperta al mondo e solidale ed occorre ripensare al collegamento dello stile di vita e dei comportamenti allo sviluppo di economie solidali, all’accoglienza degli immigrati, alla crescita  della multiculturalità, alla smilitarizzazione degli interventi per la sicurezza dei cittadini.

 2. La Lombardia è stata a lungo la Regione di maggior sviluppo economico, caratterizzata da un modello industriale ad alta stabilità occupazionale e da un sistema di welfare rafforzato anche a livello locale. Oggi è la regione più colpita dalla crisi della redistribuzione della ricchezza creata da uno sviluppo che manifesta le sue ineliminabili contraddizioni. Il governo di centro destra ha attaccato lo stato sociale e svalorizzato la funzione del pubblico proprio quando ha lasciato a se stesso un modello di sviluppo che si è irrimediabilmente inceppato. La Lombardia è ancorata ad un uso esclusivo e sconsiderato delle fonti energetiche fossili  che porta alla distruzione del territorio, a effetti climatici preoccupanti, alla congestione insostenibile del traffico. E’ questo modello si sviluppo, oggi divoratore del territorio anche nel passaggio dalle grandi industrie alla produzione diffusa, che va ridisegnato e il cui mutamento è la premessa di una vivibilità, di un rapporto con l’ambiente, di un rinnovamento del welfare necessario per il benessere dei cittadini.

Il piano energetico della Lombardia adottato dalla Giunta attuale prevede addirittura una infrazione del protocollo di Kyoto. L’alternativa sta nel ridisegnare produzione, consumi, mobilità e qualità sociale in un contesto di transizione ad un nuovo paradigma energetico, con risparmio di risorse,  efficienza energetica dei processi, passaggio alle fonti rinnovabili, costruzione credibile del contesto per una  “’economia dell’idrogeno”.

Un enorme sforzo che va dalle normative sulle emissioni e sul traffico allo sviluppo della ricerca, alle politiche industriali, alle scelte di programmazione del territorio, al rafforzamento dell’intervento pubblico nelle municipalizzate, alla cooperazione verso i paesi ricchi di fonti rinnovabili, ma privi di tecnologie, nella prospettiva di un riflesso globale dell’azione di risanamento locale.

 

3. Il lavoro e la cultura del lavoro hanno permeato Milano e la Lombardia. Ma oggi siamo di fronte alla più grande trasformazione del mondo del lavoro nel dopoguerra ed essa avviene nel silenzio della società e nella solitudine in cui questa lascia i lavoratori, nonostante le mobilitazioni del sindacato.

Mentre diminuiscono importanza e peso dei lavoratori nella vita e negli affari dello Stato e cresce la capacità dell’impresa globale di far valere i propri interessi, vengono smantellati il modello sociale e di relazioni sindacali, la forma attiva di inclusione attraverso i diritti del lavoro, che avevano caratterizzato la crescita industriale della Lombardia e le prime ondate di immigrazione dal sud.

La precarizzazione non il diritto è la nuova cifra del lavoro, lasciato al corso libero della contrattazione economica e ridotto a esperienza prevalentemente individuale. Anche nel lessico degli amministratori la parola anziano sostituisce ormai abitualmente quella di pensionato: l’una evocativa di ceto debole da assistere, l’altra di diritti provenienti dal lavoro ormai disattesi.

Un programma che prescinda dal lavoro non connette la sua realizzabilità a forze reali. Occorre pensare ad una politica industriale e ad interventi formativi mirati a qualificare le prestazioni e a ridurre la flessibilità, mentre tutte le amministrazioni pubbliche, da subito, non dovrebbero ricorrere al lavoro precario in imitazione della legge 30 che va  abrogata. In Lombardia deve trovare sostegno la richiesta di democrazia sindacale che trova nella legge sulla rappresentanza e nel referendum sui contratti due punti immediati di realizzazione.

In questo contesto la questione salariale, i redditi da lavoro, la difesa delle pensioni, la politica fiscale e il ripristino pieno della progressività dell’imposta sul reddito trovano piena collocazione.

4. Occorre riflettere sul carattere riduttivo, elitario e oligarchico, della democrazia anche a partire dalla Lombardia, non solo perché qui sono nate e maturate le esperienze involutive di Craxi e Berlusconi, ma perché oggi la vita politica e la partecipazione hanno raggiunto livelli preoccupanti di estraniazione dalle istituzioni, con lo svuotamento dei consigli comunali e del consiglio regionale e con la riduzione dei cittadini a puri spettatori di vicende consumate nella cerchia di un ceto professionale che si occupa della cosa pubblica avendo smarrito il senso dell’interesse generale.

Oggi la distinzione di fondo da percepire, per rivalutare il ruolo della politica e della partecipazione, è il capovolgimento della direzione “alto-basso”, che informa tutti i processi decisionali anche pubblici e a cui anche la sinistra si è di frequente rassegnata.

Bilanci partecipativi, decentramento e autonomia dei comuni, pluralismo effettivo e scelte etiche, devono far parte di programmi visibilmente verificabili. Nella costruzione di un rapporto nuovo e continuamente attivo tra rappresentanti e rappresentati e nella individuazione di canali stabili e autonomi di collegamento tra movimenti e istituzioni, attivi già all’atto di definizioni di programmi e liste, sta il cuore di un cambio di marcia, in Lombardia ancor più necessario che altrove.

Lo stesso principio di laicità dello Stato non appartiene al pluralismo delle scelte: né è la condizione prima, ma questo valore è stato in Lombardia ampliamente intaccato senza adeguata opposizione.

 

5. Da almeno tre anni le economie occidentali sono entrate in stagnazione. In tutto l’Occidente le condizioni dei lavoratori e di buona parte del ceto medio sono peggiorate. Il liberismo che guida la globalizzazione non solo non risolve la crisi congiunturale, ma agisce sulle disuguaglianze con profondità tale da sconvolgere la condizione materiali di masse ingenti. L’effetto della destinazione al mercato e alla concorrenza di settori decisivi nella vita sociale è destinato ad acuire le condizioni di iniquità. Questo processo ha avuto nella giunta Formigoni in Lombardia uno dei più lucidi e efficaci anticipatori. La “libertà di scelta” e la concorrenza del privato con il pubblico sono stati i grimaldelli ideologici che hanno aperto il varco alle più devastanti trasformazioni del welfare lombardo mai attuate. La destrutturazione della sanità e dell’assistenza innanzitutto, ma anche la privatizzazione strisciante di tutti i settori della scuola e la deriva affaristica riscontrata nella formazione, sono sotto gli occhi di tutti.

Occorre una ripresa della iniziativa, articolata a livello locale su un progetto di lunga lena,  determinato nel rilancio del carattere pubblico e nella lotta alle privatizzazioni dei settori dei beni pubblici, da opporsi anche culturalmente all’azione intrapresa dalla destra da oltre un decennio e in grado di riorganizzare e dare peso alla domanda sociale e alla conseguente risposta dell’investimento pubblico. In questo contesto trova spazio la straordinaria vitalità del Terzo Settore, inteso come elemento integrativo e non sostitutivo dell’intervento pubblico.

Bisogna non solo parlare di sanità, ma del legame nuovo tra welfare e beni comuni, tra welfare e qualità dell’occupazione, tra welfare e ambiente in uno sviluppo non distruttivo.

Soprattutto dove la ricchezza prodotta, come nella nostra Regione,si mantiene elevata, la crescita degli interessi privatistici e speculativi punta ad estendere anche ai beni comuni il concetto di propietà e di commercio.

E’ su questa frontiera, come dimostra la direttiva europea “Bolkenstein” contro cui il movimento si attrezza a combattere, che si sposta l'invasività del capitale e con l'espropriazione dei mezzi di produzione si realizza anche una colonizzazione delle esistenze ed una monetizzazione di ogni atto vitale, in base ad una cultura che ha trovato nella attuale Giunta Regionale fertile terreno.

La storia di solidarietà e mutualismo della Lombardia è una storia che non riguarda solo il lavoro, ma la messa in comune a patrimonio di beni naturali (come l'acqua o l'energia o l'etere), di risorse delle comunità locali (la professionalità,la conoscenza, la formazione), di tradizioni culturali (le istituzioni scientifiche e culturali, le fondazione pubbliche ecc).

La battaglia per il mantenimento pubblico dei beni comuni è fondamento irrinunciabile della democrazia sociale, mentre la spesa pubblica va posta al centro di una strategia di sviluppo, coesione sociale e redistribuzione del reddito che allarghi la sfera dei diritti sociali e naturali.

 

6. La Lombardia ha accolto sul proprio territorio l'espansione della prima rivoluzione industriale e ha successivamente rinnovato il tessuto produttivo dando vita a modelli di rilievo nazionale ed europeo (il Triangolo Industriale, le PP.SS, i distretti produttivi). La ricerca, la formazione, i saperi operai, hanno rappresentato nell'arco di oltre un secolo la ricaduta e il patrimonio di un aggiornamento produttivo costante. Oggi immense aree dismesse caratterizzano le periferie urbane e la deindustrializzazione apre voragini che nessuna attività consistente è in grado di riempire.

E’ venuta meno la desiderabilità sociale di uno sviluppo che aveva tenuto nel dopoguerra fino agli anni ’80 e che oggi manifesta tutta la sua insostenibilità. E’ venuta meno anche una classe imprenditoriale che, pur nel conflitto e nella autonomia del ruolo, rendeva possibile la prospettiva di un patto sociale anche nella produzione e che oggi sarebbe soggetto indispensabile per una politica industriale di riconversione democraticamente definita. In fondo, l’altra faccia della centralità del lavoro è la responsabilità sociale dell’impresa e quando la prima è rimossa la seconda viene meno.

Tanto è vero che la finanziarizzazione dell'economia in Lombardia passa da un utilizzo speculativo delle aree dismesse e dalla rinuncia ad investimenti qualificati nei settori strategici nella nuova divisione internazionale del lavoro, che sono, almeno in Europa, collegati sempre più ad uno sviluppo socialmente e ambientalmente più desiderabile.

“Reindustrializzare”, è parola e concetto “eversivo” in un quadro che trascura completamente il fine sociale dell'attività economica e produttiva e non si pone il problema della sua compatibilità con la conservazione dell'ambiente e dei beni naturali e con la fruibilità effettiva di diritti oggi resi indisponibili.

C’è oggi l'occasione in Lombardia di affrontare la crisi dell’auto e la riqualificazione dell’occupazione con una politica industriale innovativa orientata alla mobilita’ come prodotto sostenibile e socialmente desiderabile.

 

7. Il processo di costruzione democratica dell'Europa rappresenta una delle fondamentali opportunità per la comunità internazionale. E’ in questo contesto e non in quello del federalismo previsto dalle modifiche in corso alla Costituzione che riprende vigore il riferimento a Regioni e a Comuni, in una prospettiva cioè di Europa Federale, unita, autonoma, solidale.

Un'Europa dal basso che riconosce i diritti sociali e che rappresenti il lavoro nella sua irriducibilità al primato che l'impresa e il mercato assumono nella globalizzazione liberista e che, quindi, si opponga alla deriva della costruzione di società chiuse, socialmente omogenee, in scontro culturale tra loro e con visioni del mondo inconciliabili. Società in conflitto permanente tra loro, addirittura in contrapposizione preventiva, ma ricompattate al proprio interno intorno al primato del mercato e dell'impresa.

Non è il mercato che regala diritti, ma è l'assunzione di questi che pone limiti al rapporto economico e all'asimmetria tra capitale e lavoro.

In questa fase costituente dell'Europa occorre che la battaglia per la democrazia sociale affondi le sue radici ad ogni livello, nella struttura di ogni istituzione, a partire dai programmi concreti che si danno le autonomie locali e le Regioni e nella rivendicazione di un progetto che superi la costituzionalizzazione dell'Europa liberista di Amsterdam e di Maastricht. Anche la Costituzione Europea, come quella italiana, non può essere risucchiata nel pantano delle cose qualunque, negoziabili sulla base dei rapporti di forza. Pensare l’Europa è compito urgente della politica militante ad ogni livello ed è in questa prospettiva che ogni assemblea dovrà pronunciarsi e operare per una sua costituzionalizzazione nel vivo dei processi e a sviluppo di un modello sociale oggi largamente disatteso. Questo punto programmatico si permea di tutti quelli precedenti e intravvede nell’arretratezza del processo costituente in corso in Europa e nella pericolosità della revisione costituzionale in corso nel nostro Paese lo snodo su cui impegnare da subito le migliori aspettative e spendere la più decisa mobilitazione.

 

Il percorso proposto

Abbiamo qui illustrato volutamente solo punti indicativi e non esaustivi di una svolta programmatica necessaria in Lombardia. 

Noi che operiamo nei movimenti e nelle organizzazioni della società civile, nel mondo del lavoro e della cultura e che sottoscriviamo in forma personale questa proposta, chiediamo alla coalizione in formazione di non ridurre il coinvolgimento ad un mero allargamento al ceto politico, ma di aprire un grande dibattito su tutto il territorio lombardo fra le forze politiche, fra le forze sociali, le associazioni ed i movimenti per arrivare ad un programma, il più possibile condiviso e comune, da sostenere attivamente e da onorare anche dopo le elezioni con un impegno da cittadini e non da semplici spettatori. Un percorso partecipato, a partire da una assemblea che organizzeremo entro Novembre, per stimolare le energie più vive della società della nostra regione e attrarre l’attenzione delle personalità più attente e responsabili.

Così facendo cerchiamo anche di lavorare sulla massa critica che precede e determina la nascita di un modo nuovo di far politica a sinistra.

 

ASSEMBLEA DI PRESENTAZIONE “L’ALTRA LOMBARDIA”, MERCOLEDI’ 1 DICEMBRE ORE 20.30 PRESSO LA CAMERA DEL LAVORO DI MILANO, CORSO DI PORTA VITTORIA 43

 

Hanno finora aderito:

 

Mario Agostinelli (Forum Mondiale delle Alternative)
Giovanni Acquati (Mag2 Finance)
Giancarlo Albori (Segr. Flc Cgil Milano)
Salvatore Amura (Rete Nuovo Municipio)
Franco Argeri (Sindaco Pieve Emanuele, Mi)
Maurizio Aristarco (Segr. Camera del Lavoro di Mantova)
Ettore Armanasco (Segr. Camera del Lavoro di Sondrio)
Franco Arrigoni (Segr. Fiom Lombardia)
Alberto Anghileri (Segr. Camera del lavoro di Lecco)
Franco Azzali ­ Giuseppe Morandi (Lega di Cultura di Piadena)
Valentino Ballabio (Arcoresiste/Coop Lombardia)
Maria Carla Baroni (economista ambientalista)
Michela Barzi (Rete Nuovo Municipio)
Piero Basso (Cooperativa Dar)
Vittorio Bellavite (Noi Siamo Chiesa)
Nerina Benuzzi (Segr. Camera del Lavoro di Milano)
Marco Bersani (Attac)
Anna Bernasconi (Medico)
Felice Besostri (Avvocato)
Maurizio Bertolaso (Segr. Camera del Lavoro di Cremona)
Mohammed Bechrouri (Coord. Immigrati Bergamo)
Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo)
Mario Bonaccorso (redattore)
Edgardo Bonalumi (Convenzione per l¹Alternativa)
Domenico Bonometti (Segretario Spi Lombardia)
Bruno Bosco (Università Bicocca di Milano)
Mauro Borromeo (Università di Milano)
Roberto Brambilla (Rete di Lilliput ­ resp. Gruppo Impronta Ecologica)
enato Bonati (Segr. Fiom Lombardia)
Ivana Brunato (Segr. Camera del Lavoro di Varese)
Paolo Cassani (Uisp Varese)
Franco Calamida (giornalista)
Anna Caladin (Dialoghi Necessari)
Beppe Calzati (Ars Como e Legacoop)
Michele captano (giornalista)
Maria Grazia Campari (avv., Associazione Giuriste Democratiche)
Dario Cangelli (Ass. Paneguerra)
Stefano Cattaneo (Aler Bergamo)
Paolo Cagna Ninchi (giornalista)
Giovanna Capelli (Preside)
Diletta Caponeri (avvocato)
Antonello Cappai (Segr. Camera del Lavoro di Lecco)
Gioacchino Carli (Vicepres. Auser)
Bruno Cartosio (Università di Bergamo)
Bruno Casati (Assessore Provincia di Milano)
Giovanni Carrino (educatore professionale)
Federico Ceratti (AceA  agenziastampa)
Leo Ceglia (Segr. Funzione Pubblica Cgil Lombardia)
Romeo Cerri (Brianzapopolare.it)
Lidia Cirillo (Marcia Mondiale delle Donne)
Luciano Chiodo (Cgil Lombardia)
Alessandro Colonna (funzionario ente pubblico)
Ferdinando Colleoni (Segr. Camera del lavoro di Bergamo)
Giulia Contri (Psicanalista)
Flavio Conti (esperto energetico)
Massimo Cortesi (Pres. Arci Bergamo)
Vincenzo Conese (Volomondo)
Rocco Cordì (Coop Lombardia)
Francesca Corso (Assessore Provincia di Milano)
Livio Croscino (imprenditore)
Bianca Daccomo (Cooperante)
Massimiliano Dolci (Segr. Gen. Camera del Lavoro di Cremona)
José Luiz Del Roio (Consiglio Internazionale FSM)
Franco De Alessandri (Segr. Gen. Fillea-Cgil)
Giulio De Flaviis (Sales meneger)
Irma Dioli (Assessore Provincia di Milano)
Gabriele D'Adda (portavoce movimento studentesco Bergamo)
Michele Di Bona (Volontariato Bergamo)
Raimondo Elli (quadro direttivo Eni)
Renato Esmeraldi (Segr. Camera del Lavoro Ticino-Olona)
Bruno Enriotti (Fond. Memoria della deportazione)
Donatella Esposti (Ars Bergamo)
Giorgio Ferraresi (Rete Nuovo Municipio)
Edo Facchinetti (operatore sociale)
Milvo Ferrandi (imprenditore)
Angelo Ferrante (Ars)
Sandro Finardi (Attac-Milano)
Giampaolo Fissardi (ingegnere)
Giuseppe Foroni (Segr. Camera del Lavoro di Lodi)
Graziano Fortunato (Consiglio direttivo Arci-Milano)
Graziano Fracassi (Segr. Camera del Lavoro di Brescia)
Antonio Frascone (Ass. Aprile di Magenta)
Mario Gaeta (Sindacato Slc)
Graziella Galli (Segr. Fiom Lombardia)
Michele Giandinoto (Segretario Cgil Brianza)
Giovanna Giorgetti (Cgil Lombardia)
Marcello Gibellini (Segr. Camera del Lavoro di Bergamo)
Rolando Giailevra (Centro Culturale Gramsci)
Sandro Ginami (Spi Cgil)
Domenico Ghirardi (Segr. Camera del Lavoro Valle Camonica)
Giulia Gresti (architetto)
Dino Greco (Segr. Gen. Camera del Lavoro di Brescia)
Celeste Grossi (Donne in nero, Como)
Teresa Isenburg (Università di Milano)
Gaspare Jean Primario medicina interna)
Simonetta Jucker (Medico)
Enzo R. Laforgia (insegnante)
Antonio Lareno (Segr. Camera del lavoro di Milano)
Massimiliano Lepratti (Manitese Milano)
Luigi Lottardi (Segr. Camera del Lavoro di Mantova)
Vittorio Lovera (Consorzio Caes, Castellanza)
Michele Lo Monaco ( Fisac Cgil Lombardia)
Giorgio Lunghini (Università di Pavia)
Stefano Lucarelli (Università politecnica delle Marche)
Dora Maffezzoli (Segretaria Cgil Filcams Lombardia)
Sandro Magni (Attac-Lecco)
Raffaele Mantegazza (Università Bicocca di Milano)
Roberto Mapelli (Ass. Cult. Punto Rosso)
Mauro Marangoni (agente pubblicitario)
Antonio Marchitelli (Segr. Regionale Filcea Cgil)
Umberto Massa (Spi Pavia)
Piero Mazza (Segr. Camera del Lavoro di Lodi)
Lorenzo Mazzi (Segr. Arci Varieazioni)
Gianmarco  Martignoni (Segr. Camera del Lavoro di Varese)
Carlo Mazzucchelli (Girotondi e Movimenti della Lombardia)
Gianni Meazza (Laboratorio lavoro ­ Rete di Lilliput Milano)
Elena Medi (Docente multiculturalità)
Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)
Gerardo Merletto (Politecnico di Milano)
Lea Melandri (Scrittrice)
Alberto Minazzi (Legambiente)
Emilio Molinari (Contratto Mondiale dell¹Acqua)
Enzo Moriello (Segr. Funzione Pubblica Cgil Lombardia)
Maurizio Moro (Assessore Comune Garbagnate)
Amalia Navoni ( Coord. Lombardo Nord sud del mondo)
Giuseppe Natale (Martesana2)
Nicola Nicolosi (Segr. Cgil Lombardia)
Marco Noris (commercio equo e solidale Bergamo)
Antonio Oldani (Ass. Pace del Magentino)
Olimpia Oliva (Educatrice)
Fausto Ortelli (Cgil Lombardia)
Michele Papagna (coord. Deafab)
Rosa Pavanelli (Segr. Gen. Funzione Pubblica Lombardia)
Carlo Peroli (Attac-Bergamo)
Paolo Pinardi (Il ponte.it)
Padre Giuseppe Pirola (Istituto Aloisianum ­ Compagnia di Gesù)
Adriano Pincherle (economista finanziario)
Francesco Piscopo (Avvocato)
Volfango Pirelli (Segr, Gen. Sindacato della conoscenza Cgil ­ Scuola e Ricerca)
Giovanna Procacci (Università di Milano)
Paolo Preziosa (consulente aziende no-profit)
Bruno Ravasio (Cgil Lombardia)
Marco Ravasio (rete Nowar di Bergamo)
Giorgio Riolo (presidente Associazione Culturale Punto Rosso)
Patrizia Rinaldi (Segr. Camera del Lavoro di Bergamo)
Massimo Roccella (Giurista del lavoro)
Anna Rollier (Università di Milano)
Elena Sachsel (volontaria Ass. Cuore per Cuore)
Alessandro Santoro (Università Bicocca di Milano)
Silvio Sarfati (Ars)
Diego Sai (istruttore di nuoto)
Francesco Serra (delegato Filcea-Cgil)
Sergio Serafini (amministratore delegato Radio Popolare)
Beppe Severgnini (Fiom Bergamo)
Sabina Siniscalchi (Fondazione Culturale di Banca Etica)
Fabio Silva (Coop Nazca ­ Commercio equo e solidale)
Giovanna Sona (Politecnico di Milano)
Donato Supino (Segr. Camera del Lavoro di Como)
Ezio Tabacco (Università di Milano)
Alessia Todesco (key account maneger)
Josè Luis Tagliaferro (Cespi)
Massimo Tafi (Girotondi e Movimenti della Lombardia)
Enrico Togni (Segr. Funzione pubblica Cgil Bergamo)
Emanuele Tortoreto (Convenzione per l¹Alternativa)
Pier Attilio Tronconi (Consigliere comunale Codogno)
Roberto Trussardi (Assessore comune di Bergamo)
Angelo Valdameri (pensionato)
Giuseppe Vanacore (Segr. Cgil Lombardia)
Nello Venanzi (Avvocato e Giurista)
Franco Vanzati (Segr. Camera del Lavoro di Pavia)
Silvia Vegetti Finzi (Università di Pavia)
Giovanna Vertova (Univ. Di Bergamo)
Livio Villa (Segr. Gen. Fiom Ticino-Olona)
Vincenzo Viola (Docente Liceo Carducci)
Raffaella Vimercati (Assistente sociale)
Itala Vivan (Università di Milano)
Emiliano Zaniboni (Segr. Sindacato Scuola Fnc)
Giorgio Zenoni (architetto)
Maurizio Zipponi (Segr. Gen.  Fiom Milano)

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