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MartesanaDUE - marzo 2007 n. 90
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Mancanza di dignità e indecenza politica nella nostra zona
Il parco Trotter non esiste per il bilancio di Palazzo Marino
La misteriosa e millenaria storia del mais
Le iniziative in zona
Speciale Viale Monza
Le rubriche
Lettere alla redazione
Un libro al mese
Un film al mese
Frammenti di umanità suburbana
Biologico in Martesana
Son atto a rimirar... rubrica d'arte
Gli annunci e le opportunita'
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MartesanaDUE mensile di informazione, cultura e annunci della zona due di Milano citta'
Editore Comedit 2000
Direttore Paolo Pinardi
Redazione
Paola D'Alessandro Adele Delponte Antonio Gradia Luca Gualtieri Giuseppe Natale Aurelio Volpe
Red. e pubblicita' Via delle Leghe, 5 20127 Milano Tel. 02/28.22.415 Fax 02/28.22.423
Reg. Trib. MI n. 616 settembre 99
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Mancanza di dignità e indecenza politica nella nostra zona
Nel momento in cui ci si scandalizza sempre più per i 4 milioni di euro che il Comune spende per automantenere i nove consigli di zona (4mila euro al mese per i presidenti, 60 euro a gettone per ogni riunione dei consiglieri), decenza vorrebbe che il Comune decentrasse poteri e funzioni il più presto possibile, invece le solite parole e nulla più. Il rimpianto per il decentramento degli anni ’70 – ‘80 e la partecipazione popolare che lo contraddistingueva cresce a dismisura; tra l’altro allora nessuno prendeva quattrini. Ad aggravare l’immagine e il relativo degrado di queste istituzioni ci pensa poi la nostra maggioranza di centrodestra; alcuni esempi: - nel consiglio tenutosi all’inizio del mese di marzo si sono approvati i soliti contributi o fondi maap a sostegno delle varie iniziative delle associazioni; qualche dubbio su questa distribuzione a pioggia di 30mila euro a trimestre lo nutriamo, ma tant’è; oggi rappresentano l’unico settore dove il consiglio di zona può decidere concretamente; alcune commissioni avevano fatto un buon lavoro e in consiglio è arrivata una buona proposta complessiva. Ci hanno pensato il presidente del Cdz, la Lega e Forza Italia a rendere squallido il tutto: hanno proposto di togliere quattrini alla Casa della poesia del Trotter e alla associazione “Giardino delle idee” che si occupa di corsi di cultura ed educazione civica italiana per stranieri, raddoppiando il contributo al Circolino di area ciellina. Il voto li ha isolati e battuti: una parte della maggioranza si è rivoltata contro; dignità vorrebbe che il presidente minoritario si dimettesse; silenzio assoluto, scrollata di spalle e colla sulla poltrona. - il gruppo editoriale L’Avvenire in piazza Carbonari, nonostante le proteste degli abitanti circostanti, vorrebbe costruire un’altra palazzina per le redazioni della sua radio e della sua televisione; non ci sono dati ascolto (in ogni caso bassissimi) e come già con il deficit del giornale la Cei (conferenza episcopale italiana) coprirà probabilmente l’intervento immobiliare e la gestione delle redazioni con i nostri quattrini (in altra parte del giornale le furberie che si stanno compiendo attorno a questo progetto) - nel frattempo buona parte delle destre (insieme a Magdi Allam) a livello comunale - ma soprattutto nelle zone 2 e 3 - vogliono a tutti i costi impedire la costruzione della nuova Casa della cultura islamica in fondo a via Padova in mezzo alle bretelle di uscita della tangenziale (li vorrebbero far pregare negli scantinati o nelle catacombe come i cristiani ai tempi dei romani). Può piacere o meno che i musulmani siano più praticanti dei cattolici e riempiano i loro luoghi di preghiera a differenza delle nostre chiese spesso semideserte; loro, i luoghi di culto se li vorrebbero costruire senza alcun esborso di denaro pubblico . - l’assessore al territorio Masseroli annuncia una nuova colata di cemento in 147 aree della città, pari a 10 milioni di mq, una superficie edificabile di oltre 4 milioni di metri cubi e un valore di investimento di 6 miliardi di euro; chiediamo al presidente quali siano le aree interessate nella nostra zona, dove già la cementificazione la fa da padrona: silenzio assoluto, probabilmente l’assessore si è dimenticato di informarlo… Così come il presidente della commissione comunale alla sicurezza, il leghista Salvini, si è dimenticato di informare il suo amico di partito di un volantinaggio e spedizioni varie per comunicare agli abitanti della zona intorno all’ex mercato del pesce della creazione di un centro del gusto (perché poi la commissione sicurezza…) - dopo la manifestazione di viale Monza del 7 febbraio la presenza di polizia e carabinieri è aumentata, con il conseguente spostamento degli spacciatori nelle vie limitrofe (vedi gli articoli a pagina 2 pubblicati da Chiamamilano con cui il nostro giornale ha un proficuo rapporto di collaborazione). Entro pochi giorni dovrebbe aprire un nuovo commissariato in fondo a viale Monza; non se ne capisce l’utilità stante la presenza di un commissariato in viale Sarca, di una caserma di carabinieri in viale Monza a Gorla e di un’altra in fondo a via Padova; forse servirebbero più macchine nelle strade e meno caserme o commissariati, magari con una maggiore collaborazione tra polizia e carabinieri. Nel frattempo la nostra sindaca ci ha preso gusto e vuole manifestare il 26 marzo contro questo governo che non gli dà altri 100 o 400 uomini con la divisa per risolvere il problema della criminalità a Milano. Fosse così facile; forse farebbe meglio a lavorare di più vista l’inattività e la mancanza di delibere di questa giunta, dedicandosi con particolare attenzione al degrado sociale e abitativo di questa città, causa principale della delinquenza e dello spaccio. Chiudiamo, per fortuna, con un dato positivo: il parere negativo dato dal consiglio di zona circa i progetti di costruzione di due megaparcheggi, uno in M. Gioia – Tarvisio e l’altro in F. Aporti – Varanini. Grazie al buon lavoro svolto da alcuni consiglieri e alle proteste degli abitanti si è resa evidente l’insensatezza di due enormi buchi profondi quasi 20 metri con gravissimi problemi inerenti i cantieri, la falda, la sicurezza delle case circostanti, l’inquinamento ambientale causato dalle centinaia di box e la dubbia credibilità delle imprese costruttrici. Ora bisogna aspettare le decisioni di Palazzo Marino che di solito non tiene in nessuna considerazione i pareri delle zone. Paolo Pinardi
L’aria è densa, in
via Padova. Dei colori, degli odori, dei suoni che raccontano il mondo. È
come girarlo tutto nello spazio di poco più di tre chilometri: si legge
il cinese e il giapponese sulle insegne, si respira l’odore dei kebab,
si odono i ritmi dell’arabo e dello spagnolo, mescolati a quelli
dell’italiano e di tanti suoi dialetti. Ma è densa, pure, della
paura e della rabbia di chi si sente minato dall’illegalità e dal
degrado. Perchè c‘è di tutto in via Padova. Anche lo spaccio, la
prostituzione, i cumuli di rifiuti. E mentre il sindaco Moratti
promette una “rivoluzione antidegrado” basata
sull’“inasprimento dei controlli”, c’è chi punta
sull’integrazione e dice di non voler parlare di politica. È il caso di
Massimo Latronico, trentottenne insegnante di musica della scuola “La
Nuova Musica” di via Premuda, che ha fondato e dirige la prima orchestra
multietnica di Milano: l’“Orchestra di via Padova”, manco a dirlo.
Un allegro clan di musicisti, che, partendo da Ucraina, Romania e
Moldavia, passando per l'Italia, il Marocco e il Burkina Faso, arrivando
fino a Cuba, Perù e Brasile, suonano le loro note dal mondo qui, in via
Padova. Come nasce l’idea
dell’“Orchestra”? Quando due anni fa mi
sono trasferito in via Padova, sono rimasto colpito da tutta la ricchezza
culturale presente. Troppo spesso adombrata dalla sola immagine di
abbandono, se non addirittura ignorata. Un'orchestra poteva essere un modo
per farla conoscere. Come hai scelto i
musicisti? Non c’è stata
un’audizione. Ho chiesto in giro, ho diffuso la voce, e “qualche”
adesione è arrivata. Abitate tutti in via
Padova? No, non tutti. C’è
chi abita dall’altra parte della città. Perché, allora,
questo nome? Perchè artisticamente
nasciamo in via Padova. Anche influenzato dall’“Orchestra di Piazza
Vittorio”, formatasi a Roma qualche anno prima di noi, mi son detto:
“Perchè non via Padova? È una delle vie più multietniche di
Milano”. E poi qui ci riuniamo,
una volta a settimana, per provare. Dove? Finora siamo stati
ospiti della scuola dove insegno. Ma dobbiamo al più presto trovare un
altro posto. E non è semplice... E il Comune? Chissà... Recentemente
ci ha offerto l’opportunità di esibirci all'interno della rassegna
"Vedere i suoni"... Ma non vi ha sostenuti. No. Il mio progetto è
riuscito a decollare grazie all'interessamento dell'Arci e a un fondo
stanziato dalla Provincia. Una somma irrisoria, ma sufficiente per
cominciare. Parlami di voi. Siamo tredici musicisti
professionisti. Qualcuno, come Eduardo, il chitarrista, in musica si è
laureato, Raffaele, si è diplomato in tromba al conservatorio "G.
Verdi", dove Stefano, il clarinettista, ha insegnato. E Yamil, il
percussionista, è addirittura figlio d'arte. Ma per la maggior parte di
noi c'è il problema del riconoscimento, in Italia, del titolo di studio.
E così, nonostante la formazione, molti suonano in strada, come il
clarinettista Mitica e il fisarmonicista Kostantino, che tutte le mattine
va fino a Varese per sbarcare il lunario. O lavorano part-time: Aziz, il
cantante, fa il magazziniere. E la cantante, Tatiana, fa le pulizie... La difficoltà maggiore? Certamente l’impresa
è quella di mettere insieme i linguaggi musicali. In ogni cultura c’è
un modo diverso di intendere i tempi, di pronunciare le note, di abbellire
i fraseggi su uno strumento. Ma basta trovare un codice per offrire la
sintesi delle parti. Così l'orchestra diviene una sorta di laboratorio
sociale. Quale messaggio
volete dare? Un messaggio di musica
di insieme e di integrazione vera. Che non è livellamento e
spersonalizzazione, ma si realizza rispettando e preservando i costumi, la
cultura di ciascuno. Gli strumenti che suoniamo sono quelli tipici della
terra di ognuno e le parole sono delle nostre diverse lingue. Abbiamo
inciso un brano in ucraino, uno in arabo... E in italiano? Sì, ne faremo anche in
italiano. Adesso a cosa state
lavorando? A un brano col testo in
arabo su base musicale di matrice ebrea. E dici non voler fare
politica? Per me l’importante è sottolineare ciò che di positivo c’è in questo quartiere. E ce n’è tanto. Ad esempio, l'associazione "La casa della carità" e quella "Amici del Trotter". E il Parco Trotter stesso, un’isola felice tra le due direttrici di via Padova e viale Monza, rispettato da tutti. Io provo a dare il mio contributo, attraverso il mio lavoro e il linguaggio della musica, che è universale. Cristina
Pellecchio
Il parco Trotter non esiste per il bilancio di palazzo Marino
di Felice Lanza – MEF Edizioni - pagg 156euro
14,00 – alla libreria ilponte.it di via delle leghe 5 L’autore,
già nel titolo, trasmette, a chi si appresta alla lettura, una sorte di
curiosità e di approfondimento delle conoscenze inerenti a questa pianta
così prodiga per l’agricoltuta mondiale.
Il
libro si compone di prefazione, introduzione, tre capitoli e un corredo di
illustrazioni che completano e
integrano il testo. Le dettagliate note spiegano i vari argomenti,
fornendo al lettore conoscenze storiche, scientifiche, religiose e agrarie
fondamentali. Nella
prefazione si nota un
senso di affetto umano-scientifico che spesso coinvolge
chi ha iniziato con questa pianta
il suo percorso di ricercatore e poi, con altre esperienze
scientifiche, è arrivato a mete sempre più evolute. L’introduzione
tratta la misteriosa origine del Mais, le fasi evolutive fino alla attualità
con i paragrafi: la scoperta dell’America e del Mais da parte
dell’uomo bianco; le teorie dell’origine del Mais dal Teosinte: le
varie ipotesi; i reperti fossili nel Nuovo Messico e negli Usa; le
scoperte archeologiche; l’apporto dell’uomo per la sopravvivenza del
Mais. Nel
primo capitolo l’autore
descrive l’evoluzione degli Amerindi dalla preistoria fino all’arrivo
dei Conquistadores. I paragrafi raccontano dettagliatamente paleontologia
e botanica: Mais germe di civiltà; migrazioni antropiche nelle Americhe;
formazione delle civiltà amerindie nelle diverse regioni; storia e
agricoltura delle culture arcaiche: le culture del Golfo, quelle del
Sud-Ovest, Mesoamericane, delle Ande settentrionali, Peruviane; ruolo del
Mais nello sviluppo delle civiltà Maya, Azteca, Incas, Peruviana e nelle
liturgie amerindie.
Nel secondo capitolo
gli argomenti spaziano
dalla diffusione del Mais nelle Americhe e nel mondo al fattore umano
nell’addomesticamento della pianta; dalle forme ancestrali e
dall’intervento umano nello sviluppo di questa nuova specie
all’allargamento dell’areale del Mais per l’azione antropica di
differenziazione e di adattamento ai diversi ambienti di coltivazione;
dall’introduzione del Mais in Europa, Asia e Africa, alla seconda
differenziazione nella regione mediterrana; dalla diffusione del Mais
nelle Americhe dal 1600 al 1800, alla sua importanza come substrato per lo
sviluppo e la fioritura economica delle comunità americane.
Il terzo capitolo
è incentrato sulla scoperta delle leggi genetiche e sulla moderna
maiscoltura nel mondo. Analizza il passaggio dai vecchi ai nuovi metodi di
miglioramento e alle basi genetiche dell’eterosi; i metodi di produzione
delle sementi ibride; l’uso della maschiosterilità citoplasmatica e
della ristorazione della fertilità; la presenza di un tipo di Mais per
ogni zona climatica.
Questa recensione più
che una lettura critica, vuole essere la presentazione di un nuovo libro
sul Mais di facile lettura
sia per chi si avvicina per la prima volta a questa coltura
sia a chi la segue da diverso tempo per professione. All’autore
va riconosciuta, oltre all’ampia capacità scientifica, una vasta
conoscenza storica, religiosa, civile delle culture amerindie che hanno
fatto conoscere a tutto il mondo agricolo il Mais quale fonte di
sostentamento per le popolazioni (e di molteplici usi
nel settore chimico e industriale). Ci preme sottolineare la facile
lettura del testo che, con le citazioni bibliografiche, storiche e
scientifiche, lo completano armoniosamente.
(M.B.
da L’informatore Agrario) Felice
Lanza vive a Milano nella nostra zona. Esperto in sistemi colturali e
tecniche agronomiche, socio di Accademie e Società scientifiche agrarie e
autore di 180 lavori. E’ stato membro del Consiglio superiore del Ministero
dell’Agricoltura e delle Foreste (Maf) e del Consiglio Nazionale delle
Ricerche
Lunedì
26 marzo 07 - ore 21,00 – al tempio d’Oro - via
delle leghe 23 la
libreria ilponte.it
presenta il l libro Danza
del Ventre - La più antica delle danze e il suo potere curativo di
Flavia De Marco in arte Nurya - Edizioni Lampi di Stampa insieme
all’autrice intervengono Francesca Sgroi - psicologaAntonella
De Marco - psicoterapeuta segue
spettacolo allieve avanzate http://www.nurya-danzadelventre.it/
- http://www.webalice.it/nurya8/index.html Con
la più antica delle danze e il suo potere curativo, Flavia De Marco
presenta in modo diverso e innovativo la danza del ventre e come
quest’arte, proprio per la sua antichissima origine, racchiuda in sé
poteri arcaici, magici e curativi. I benefici indotti dalla pratica di
questa disciplina vengono illustrati attraverso un confronto tra esercizi
di danza del ventre ed esercizi consigliati da medici professionisti, per
la riabilitazione del perineo, per la cura di vulviti, frigidità,
depressione e altre patologie. A sostegno di questa tesi l’autrice
raccoglie inoltre tredici racconti spontanei e i risultati di un
questionario distribuito e completato da 200 danzatrici,
per la valutazione dei benefici psicofisici e sessuali, ottenuti grazie
alla danza del ventre. Inoltre racconta una lezione di danza, stili, accessori e quanto questi possano scatenare la fantasia e aiutare a ritrovare la propria femminilità.
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