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Il governo attacca la scuola AEM: quando l’ideologia ottenebra Quartiere Adriano: pervicacia cementizia e speculazione edilizia In difesa del Niguarda: vertenza con occupazione 20 marzo: i popoli della pace ripercorrono le strade del mondo Iniziative in zona Storia di Ba Filo diretto dal Parlamento Cascine a Milano Urbano e rurale: pensare a una coesistenza tra due diverse realtà Biciclette in città
SPECIALE VIALE MONZA
Le rubriche
con il senatore Antonio Pizzinato
Lettere alla redazione
Un libro al mese
Un film al mese
Gli appuntamenti in zona
L’occhio del consumatore
Frammenti di umanità suburbana
Alla scoperta della qualità
Son atto a rimirar... rubrica d'arte
Fuori a cena
Gli annunci e le opportunita'
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MartesanaDUE mensile di informazione, cultura e annunci della zona due di Milano citta'
Editore Comedit 2000
Direttore Paolo Pinardi
Redazione Gianni Bazzan, Mattia Cappello, Adele Delponte, Ferdy Scala, Luciana Vanzetti, Aurelio Volpe
Red. e pubblicita' Via delle Leghe, 5 20127 Milano Tel. 02/28.22.415 Fax 02/28.22.423
Reg. Trib. MI n. 616 settembre 99
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Hi-Life Ulma, azienda metalmeccanica che opera nel campo della costruzione di matrici per produrre le viti e materiale ferroso è attiva nella zona di viale Monza da decenni. Nel gennaio 2000 la fabbrica (allora Ulma) viene acquisita dalla multinazionale irlandese Sps che è proprietaria di altri sette stabilimenti in tutto il mondo. Nel 2003 il gruppo Ulma viene venduto alla multinazionale americana Precision Castparts Corporation (PCC) che procede ad una verifica dello stato di salute degli otto stabilimenti. Dal momento dell'acquisizione ad oggi, nonostante le richieste avanzate dalle organizzazioni dei lavoratori, nessuno ha avuto modo di conoscere le intenzioni della dirigenza della PCC che non ha mai presentato alcun piano industriale. Il 12 febbraio del 2004, su rigorosa carta intestata, i 51 lavoratori della Hi-Life Ulma di Via Fratelli Bressan trovano affisso in bacheca un "Comunicato alle maestranze" che testualmente recita: "Il giorno 10 febbraio 2004 abbiamo comunicato la decisione di chiudere la Hi-Life Ulma…". La scelta della chiusura dello stabilimento viene motivata dall'azienda con la diminuzione delle vendite. Ma basta entrare alla Hi-Life Ulma per rendersi conto che nessun investimento è mai stato fatto per rendere l'azienda competitiva: macchinari obsoleti, formazione inesistente, depotenziamento dell'ufficio vendite, spostamento dei prodotto ad alto valore aggiunto in Irlanda. Nonostante le condizioni proibitive, l'impegno dei lavoratori ha portato ad un miglioramento qualitativo progressivo del prodotto. Alla Hi-Life Ulma sta accadendo esattamente quello che accade in troppe realtà lavorative del nostro paese: non vengono soppresse le produzioni ma eliminati i lavoratori e spostate le lavorazioni in quelle parti di mondo dove il costo del lavoro è più basso così come il livello delle tutele: in questo caso in India. A pochi metri di distanza dalla Ulma, in via Rucellai, ha sede lo stabilimento della KSB, di proprietà della omonima multinazionale tedesca. Nel mese di luglio la casa madre decide di spostare la parte più importante della produzione in Germania. Dalla primavere scorsa ad oggi, nonostante le reiterate richieste del sindacato, nessun dirigente dell’azienda interpellato ha saputo (o voluto) rispondere alla domanda: che ripercussioni avrà sul piano occupazionale questa scelta? Di certo c’è solo che la dirigenza aziendale non ha alcuna intenzione di sostituire la produzione che verrà decentrata con nuovi prodotti i grado di scongiurare mobilità e licenziamenti (cosa richiesta con forza dai sindacati metalmeccanici). Ma c’è di più: nel 2001, a seguito di un consistente ridimensionamento del numero degli occupati in KSB, azienda e sindacato avevano concordato un piano industriale di rilancio della produzione e dell’occupazione. Quel piano è stato totalmente disatteso dall’azienda. La sintesi delle due “operazioni” è il rischio della perdita del posto di lavoro per molte persone Per scongiurare questo drammatico esito Fiom e Fim hanno chiesto un incontro con il prefetto di Milano ed hanno in programma una serie di altre iniziative per cercare di modificare radicalmente le scelte delle due multinazionali. Lella Bellina
Quartiere Adriano: pervicacia cementizia e speculazione edilizia
E’ un’area di 10.120 mq, abbandonata e ridotta a immondezzaio da molti anni. Nel cuore del nuovo Quartiere Adriano, a Crescenzago, tra via Trasimeno e via Togliatti. Prospiciente le cascine ristrutturate e il centro polivalente, l’asilo e il giardino pubblico, la Chiesa Gesù a Nazaret e il contorno di edifici residenziali, questo spazio potrebbe servire a completare il centro urbano del quartiere e a valorizzarlo dal punto di vista funzionale ed estetico. In che modo? Ampliando il verde pubblico, ed inserendovi negozi, botteghe artigiane, servizi socio-sanitari in un contesto ambientale da collegare col Parco Adriano, promesso da anni sulla carta, ma non ancora realizzato. Si vuole,invece, da parte della proprietà (con l’avallo dell’Amministrazione centrale?) speculare al massimo appesantendo l’area in maniera insostenibile: 22.700 metri cubi ad uso residenziale, che diventano stranamente, nel prosieguo della relazione, 25.020; 25.000 metri cubi ad uso commerciale, terziario e/o artigianale che si riducono contraddittoriamente, nel dettaglio espositivo, a 22.700. È una storia pluriennale. Dalla FINPLAN la proprietà è passata alla MILANO INVESTIMENTI IMMOBILIARI. Un primo mostruoso progetto prevedeva un mega centro commerciale di 25.000 mc ( tre piani fuori e un autosilo di 6 piani sotterranei) e due torri - ciascuna di 11 piani – di 27.000 mc ad uso residenziale. Chiamato ad esaminare il nuovo progetto degli architetti Canella ed Achilli, secondo il quale gli “edifici a torre” diventano tre “ di altezza pari a mt. 40”, il Consiglio di Zona 2, nella seduta del 21.10.03, esprime un netto parere negativo motivato in questi termini: “La zona interessata al progetto non può sostenere l’aumento demografico che ne deriverebbe in quanto carente di infrastrutture.Il traffico sull’asse viario Via Padova-Via Adriano/Del Ricordo è infatti congestionato. Inoltre la struttura architettonica appare troppo imponente per essere collocata in quella che è la piazza e il luogo di aggregazione principale del quartiere”. La proprietà non demorde. Modifica leggermente il progetto e torna alla carica. Le tre torri diventano due, di cui una addirittura di 22 piani (“l’edificio con pianta a croce si eleva ad un’altezza di mt. 71,18 per venti piani sopra un basamento di due piani che si allarga verso la base quasi a formare un piedistallo che si espande lateralmente nei corpi commerciali”) e un edificio in linea di otto piani. Il 17.02.04, per la seconda volta il Consiglio di Zona 2 respinge il progetto ribadendo il precedente parere negativo. Ci sarà una terza volta? Si tenga conto che, sempre nel quartiere, avanza il mega-progetto di pesante cementificazione nell’area dismessa Magneti Marelli… Giuseppe Natale
In difesa del Niguarda: vertenza con occupazione Venerdì sera, il 13 Febbraio scorso, il Comitato di Difesa della Sanità Pubblica (CDSP) ha occupato la Direzione Generale dell’Ospedale di Niguarda. Inizia così una vertenza di territorio che vede i cittadini impegnati, insieme a medici ed operatori, nella difesa dell’Ospedale di Niguarda. Il Comitato vuole la riqualificazione dell’Ospedale di Niguarda in quanto è ancora oggi un punto di riferimento nazionale, nonostante la politica sanitaria regionale. Il Comitato sostiene che prima di discutere di grandi progetti occorra occuparsi dell’esistente che attualmente è trascurato. Occuparsene bene naturalmente… Abbiamo pessimi esempi di gestione di questo patrimonio che va difeso per Milano, la Lombardia e l’Italia. Con più di 300.000 ipertesi e cardiopatici nella sola Milano occorre pensare alle risposte da dare subito. I cittadini spessissimo si sentono rispondere che il tempo di attesa per visite od esami diagnostici è di svariati mesi… se va bene. Ci sono casi in cui urgenze cardiologiche sono state dirottate verso cliniche private per mancanza di posti letto in Terapia Intensiva (Rianimazione), salvo poi essere rispediti al Niguarda poiché la loro complessità in quelle cliniche non poteva avere un adeguato trattamento. Per una serie di cure fisioterapiche come le “Marconi”, la Magneto-terapia, le Ionoforesi, la lista d’attesa è stata bloccata dalla Direzione. Il Comitato di Difesa della Sanità Pubblica ha chiesto quindi che l’ interlocuzione avvenisse direttamente con il Direttore Generale di Niguarda Dott. Cannatelli ed il Direttore Generale per la Sanità in Lombardia Dott. Lucchina in ordine ai due punti seguenti: 1. i posti letto di Terapia Intensiva richiesti da circa 10 anni, per i quali si definirono le risorse nel lontano 1996 e per cui si stanziarono 6 miliardi di vecchie Lire, vengano realizzati. Alla fine del 2002 venne detto dalla precedente Direzione che i lavori sarebbero iniziati nel 2003. Nel novembre scorso il Direttore Generale Dott. Cannatelli ha affermato che i lavori sarebbero partiti nel 2005. 2. Si abbia maggiore attenzione per i Poliambulatori Territoriali come quello di Via Livigno, che è stato buttato nello scompiglio in occasione delle feste natalizie. Tutto a causa di un preavviso estremamente breve con cui si è decisa la sua chiusura dal 27 dicembre al 6 gennaio. Si sono trovati così nel disagio gli operatori, i medici e i cittadini che si sono visti rimandare in coda alla già lunga lista di attesa. Il Comitato di difesa della Sanità Pubblica (CDSP) ha ottenuto, dopo una trattativa piuttosto animata, di incontrarsi il mercoledì successivo con il Direttore Generale della Sanità Lombarda Dott. Lucchina ed il Direttore Generale di Niguarda Dott. Cannatelli. L’incontro è avvenuto presso l’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia in Via Pola 9/11. Nell’incontro, che è il primo di altri che verranno, il Dott. Lucchina e il Dott. Cannatelli si sono impegnati, facendo avere al comitato la cronologia scritta del percorso, alla realizzazione degli 8 posti letto di terapia intensiva cardiochirurgia, per i quali si è in attesa da circa 10 anni. I cardiopatici, ipertesi e quelli che hanno il diabete o ipercolesterolemia sono coloro che potrebbero averne bisogno, in quanto soggetti a rischio. Il CDSP proseguirà la vertenza per tutti loro, ma non solo: ora si apre la partita dei servizi sul territorio. A partire dal Centro Psico-Sociale di Via Tarvisio, da Villa Marelli ecc. Prevenire è meglio che curare e noi vigileremo con il CDSP sulla Sanità Pubblica che è un patrimonio prezioso per tutti i nostri concittadini.
Il traffico di via Crespi è indemoniato, per effetto dei sensi unici che portano da viale Palmanova verso i tunnel della stazione centrale (vie Giacosa-Crespi-Varanini…), prestandosi così come facile scorciatoia. Per cui è diventata una delle vie più intasate di Milano, lo si può constatare dalle lunghe code strombazzanti a tutte le ore della giornata, che occupano interamente la via - dalle 7 alle 21, anche la domenica - arrivando a bloccare il transito anche in via Giacosa. Questa piccola via non può sopportare tale traffico; tutti gli abitanti sono esasperati dalle disagiatissime condizioni di vivibilità. Tempo fa (oltre 2 anni) era stata accennata dal Comune la possibilità di invertire il senso della via, per limitare il traffico (nel progetto “isola ambientale”), ma su quali tavolini burocratici sarà stata seppellita la tanto magnificata proposta? Le auto sono parcheggiate sui marciapiede e non si riesce a passare se non dalla strada, col rischio di essere investiti. I marciapiede sono in uno stato pietoso sia per la pulizia carente (cartacce, escrementi, bottiglie, microcestini dei rifiuti stracolmi ma non sufficienti, la pulizia settimanale viene spesso saltata, più volte si son visti dei ratti passeggiare...) sia per la pavimentazione: un marciapiede è addirittura sprofondato. Idem i marciapiedi di viale Monza, con buche e tombini pericolanti. Invece le strade son tenute in stato perfetto, come un biliardo. Evidentemente le auto contano ormai molto di più delle persone. Questa parte della città è una successione di non-luoghi: asfalto e cemento, strade e palazzi che nascondono il cielo, non esiste un angolo caratteristico o una piazza che si possa così chiamare, dove lo sguardo e il corpo possano riposare. La via andrebbe invece valorizzata, perché ha una sua vitalità, molte persone affollano i marciapiede a qualsiasi ora del giorno e anche la sera tardi: non si può certo dire che sia una strada deserta e senza vita, ha una caratteristica a metà strada tra Napoli e l’Oriente. Ma cosa si può fare? Albertini sostiene che il piano regolatore non serve più, che devono essere i privati (cioè i potenti interessi?) a prendere le iniziative per fare la città. Certo si dirà: qui non esiste più un metro edificabile, per cui possono solo buttare giù dei palazzi e farne di nuovi. Ma qualcuno probabilmente sta già pensando per esempio di tramutare il Parco Trotter in un elegante ed esclusivo “Residence del sole”! Tanto tutto si può vendere, tutto si può cambiare... (sia d’esempio l’ex-Pesa Pubblica). Tale parco è sempre chiuso, anche le mamme della zona non hanno nessun luogo dove portare i bambini più piccoli, che sono destinati a stare rinchiusi 24 ore su 24. Il “Trotterino” (sottile fascia di parco non recintato adiacente V.Giacosa) è talmente piccolo ed emanante una tremenda puzza di escrementi canini che nessuna mamma o donna in generale si avventura; inoltre è isolato e quindi considerato “rischioso”. Ci vorrebbe una piazza, magari sarebbe l’ideale davanti al Trotter (dove dovrebbe essere costruita una ventilata non meglio precisata statua-fontana), annettendo però anche un pezzo del parco, affinché sia una vera e propria piazza. Spero che ci siano altre persone e istituzioni che vogliano mobilitarsi per sollecitare miglioramenti di questa zona così sacrificata.
Antonio Gradia
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