| In questo numero | Il ponte della Lombardia - novembre 2002 n. 66 
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| Luciano Guardigli 
 L'Ulivo: cadavere unito o partiti vivi separati? Gian Luigi Falabrino 
 L'esigenza di una nuova dimensione Maurizio Zipponi 
 Il
      Forum Sociale Europeo 
 Lella Bellina 
 Cattura del voto e conquista del consenso Valentino Ballabio 
 Luigi Lusenti 
 con gli interventi di: Piero Basso, Gianni Bazzan, Gianluigi Falabrino, Luciano Guardagli, Luigi Lusenti, Maria Grazia Mazzocchi; Paolo Pinardi. 
 Legge Bossi-Fini: se non ora quando Giorgio Roversi 
 Intervista sulla Bicocca all'arch. Milella L.L. 
 Attraversamenti fotolinguistici Eugenio Lucrezi 
 Commento al libro "La verità non ha colore" di D. Franchi e L. Miani L.G. 
 Commento al libro "Soglie" di A. Rigamonti Vincenzo Viola 
 Commento al film "Intervento divino" di Elia Suleiman Marcello Moriondo 
 
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 Il ponte della Lombardia 
 periodico di commento critica progetto 
 Editore Comedit 2000 
 Presidente Paolo Pinardi 
 Direttore resp. Luigi Lusenti 
 Redazione L. Bellina, A. Celadin, A. Corbeletti, G. Falabrino, A. Ripamonti, F. Rancati 
 
 Direzione e Amministr. Via delle Leghe, 5 20127 Milano Tel. 02/28.22.415 Fax 02/28.22.423 
 Reg. Trib. MI n. 304 maggio 1992 
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 Si
      apre oggi il Forum Sociale Europeo a coronamento di un intenso sforzo che
      ha sedimentato un patrimonio incancellabile per un movimento ormai maturo.
      Sapevamo per esperienza che una ricchezza di 
      confronto senza precedenti in Europa, propositivo e a più voci,
      sarebbe potuta implodere per l'azione del Governo in un clima avvelenato
      di sospetto, tendente a separare l'evento dalla città e a derubricare a
      problema di ordine pubblico l’esercizio del diritto democratico al
      dissenso e alla proposta politica alternativa. E'
      meglio non dimenticare che anche prima delle grandi mobilitazioni della
      Cgil e dei metalmeccanici e dell'ultimo sciopero generale - tutti
      caratterizzati da imponenti prove di manifestazione pacifica del dissenso
      - erano piombati ai cancelli delle fabbriche solerti carabinieri e
      impudenti schedatori, pronti ad allarmare non certo le lavoratrici ed i 
      lavoratori, ma una opinione pubblica invitata a disertare le piazze
      ed a giudicare i manovratori al potere solo attraverso gli schermi della
      Tv, da cui si è solo passivi e silenziosi spettatori. Nel
      caso del movimento che da Porto Alegre approda a Firenze è forse più
      agevole occultare i contenuti del conflitto e paventare esiti perniciosi,
      seminando paura ed allarmismo creati ad arte. Anche
      se le conclusioni di questi giorni sembrano riportare il dibattito a
      normalità, il danno è già stato apportato ed è bene non adagiarsi
      sullo scampato pericolo della sospensione, perché l'attenzione è stata
      talmente sradicata dalle ragioni per cui decine di migliaia di europei si
      troveranno a Firenze, che tutto l'interesse si orienterà sull'aspetto
      patologico dell'incidente possibile. Perciò
      è sì doveroso chiedere garanzie di comportamento a quanti vi
      parteciperanno e pretendere un grande rigore dagli organizzatori del
      Forum, ma è altrettanto necessario prendere atto 
      che l'attenzione del movimento 
      si è fatta lucida e responsabile fino a darsi un servizio "di
      autotutela" e che l'opinione pubblica va interrogata sulla questione
      vera che lo svolgimento del Forum pone: quella della necessità politica,
      sociale, culturale di luoghi e contenuti per una azione di massa per una
      Europa diversa e possibile, che si batta nell'era della globalizzazione
      liberista per l'universalità dei diritti ed il rifiuto della guerra. Se
      il Governo vuole valorizzare la sostanza democratica dell’evento
      fiorentino, non potrà che favorirne un esito che il movimento ha per mesi
      preparato e che è ben visibile nell'intensissimo programma dal 6 al 10
      Novembre. Esito che è 
      necessario ad una democrazia che non si consideri un ordine chiuso,
      ma un luogo di trasformazioni, in cui la cittadinanza comune è frutto di
      tensione anche conflittuale ed il cui spazio è garantito e non ostacolato
      dalla politica. In
      fondo a Firenze le radici sociali e culturali sono stabilmente insediate
      nel terreno del dialogo, della cultura, del pluralismo e la città ed i
      suoi amministratori non hanno mai negato in tutta la storia repubblicana
      uno spazio pubblico al conflitto democratico anche più aspro.   Colpisce
      invece l'involuzione che ha colto gli opinionisti di grandi, che non sanno
      nulla di quanto il 
      dialogo continuo 
      e inclusivo dentro il movimento, tra tutte le sue anime, abbia
      fatto crescere una irreversibile presa di distanza dalla violenza e abbia
      maturato la convinzione che alla protesta simbolica vada aggiunta la
      proposta e l'aiuto concreto. Certo sarebbe una sciocchezza sostenere che
      non ci siano ragioni di preoccupazione e che non si debbano temere gesti
      di irresponsabilità, ma questo è altro dall’insinuazione di una
      inaffidabilità strutturale.  Si
      rendono conto intellettuali e politologi che, mentre si preoccupano quanto
      tutti noi dell'integrità di una città unica al mondo e considerano i
      partecipanti al Forum come agitatori o, al più, come anime belle, negli
      stessi giorni il patrimonio artistico nazionale è
      "contabilizzato" come merce nella Finanziaria di Tremonti, le
      radici della convivenza inscritte nell'art. 11 della Costituzione sono
      infrante e 
      ridiscusse senza assunzione di responsabilità pubblica, la
      credibilità del Parlamento viene umiliata dagli interessi personali di un
      club privato e, in ambito internazionale, le guerre per il petrolio si
      accompagnano al rifiuto di un accordo sul clima e, tanto per fare un
      esempio, la Convenzione europea si vede ostacolare la strada sul diritto
      di sciopero dal Governo Blair? E
      tutto in una crescente separazione tra governanti e governati. Questa
      crisi profonda di partecipazione e di legittimazione democratica è stata
      invece affrontata in tutte le sue implicazioni dal lavoro di migliaia di
      riunioni in tutto il continente. Non è un caso che oggi siano già oltre
      quindicimila le iscrizioni che sono giunte dai Paesi esteri. Si potrebbe
      allora responsabilmente - a meno di informazioni fondate e di certezze
      sulla possibilità di azioni eversive programmate ed incombenti che
      andavano divulgate - rendere difficile potersi incontrare e ritrovare ad
      una generazione che ritorna in modo innovativo alla vita politica e che è
      già alla prova in associazioni, sindacati e reti di solidarietà? La
      società non cresce in recinti e per negazione e fanno bene gli
      amministratori di Firenze e della Toscana a non rispondere solo a
      sollecitazioni elettorali ed economiche di angusta prospettiva. Dobbiamo
      essere loro grati di una 
      funzione così limpida e coraggiosa. A
      Firenze il messaggio in formazione è chiarissimo: si tratta della prima
      volta in cui l'Europa dei cittadini e della società civile, quella del
      lavoro - saranno a Firenze tutti i segretari dei sindacati europei - e
      quella dei movimenti si danno appuntamento indipendentemente dall'agenda
      dei potenti, perché ritengono di essere in grado di liberare non solo una
      forza di protesta, ma una energia propositiva con cui dovranno
      confrontarsi le forze politiche e le istituzioni che in Europa hanno
      avviato una fase costituente con scarsissimo coinvolgimento democratico.   Forse
      tutto questo è incomprensibile per Berlusconi e per la sua cultura
      aziendalista, irrispettosa dell’ambiente sociale su cui si impone, che
      non viene percepito come risorsa, ma  come
      turbativo di quel decisionismo che al consenso preferisce la prova di
      forza. E’ la stessa cultura che per il governo del pianeta pronostica
      vertici sulle Montagne Rocciose e, specularmente, vorrebbe che gli
      incontri e le manifestazioni dei governati si svolgessero in luoghi
      recintati. Una “governance” del mondo lontano da esso e dalle piazze
      delle città, da secoli luoghi del confronto e del dialogo per eccellenza. Dobbiamo
      sapere che la sfida di Firenze corre il rischio di rimanere aperta anche
      se, come tutti ci auguriamo, dovesse dar vita ad un grande evento pacifico
      e democratico. Se infatti i contenuti ne uscissero sfuocati e se la gente
      che vi partecipa vivesse come in separazione dagli abitanti, avremmo tutti
      perso qualcosa e il disegno messo in atto dalle destre avrebbe registrato
      un punto a favore. Sarebbe bene allora che l’informazione, come l’Unità sembra dimostrare, ne fosse cosciente e che si trasmettesse da Firenze quello che la società nelle sue aspirazioni e nelle sue preoccupazioni autentiche, anziché per le paure indotte, si aspetta dalla presenza matura ed articolata di questo movimento. 
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