Global
Forum: lo scontro invisibile
Carlo
Giubitosa - marzo 2001
Tutti
i colori di Porto Alegre
José
Luiz Del Rojo- marzo 2001
Dopo
Seattle, oltre Porto Allegre
Emilio
Molinari - marzo 2001
Porto
Alegre II
Stefano
Gatto da: Lista Sinistra - marzo 2001
Porto
Alegre
Stefano
Gatto da: Lista Sinistra marzo 2001
Assenza
del movimento delle donne?
Nadia
De Mond - Marcia Mondiale delle donne - febbraio 2001
*****
Global
Forum: lo scontro invisibile
Durante i lavori del "Terzo Global Forum" dedicato al
"governo elettronico" del pianeta, i disordini e il fumo dei
lacrimogeni hanno nascosto all'opinione pubblica il vero "terreno di
scontro" tra due diversi modelli di sviluppo.
Il 16 marzo, nonostante la bella giornata di sole, sin dal mio arrivo alla
stazione di Napoli il cielo era oscurato dal pesante clima di
"emergenza" e dalla militarizzazione capillare della città, un
"assetto di guerra" che lasciava già presagire le violenze e
gli scontri del giorno successivo. "Guardi che in centro non si può
entrare", mi dicono mentre mi dirigo verso il Palazzo Reale. Mi
vergogno un pò a dire di essere uno dei pochi "eletti" invitati
a parlare durante i lavori del forum. Il ruolo che cerco di rivestire è
quello dell'"infiltrato", per portare all'interno del Global
Forum la voce di chi è stato escluso dal grande banchetto telematico
organizzato dai governi e dalle multinazionali.
"L'educazione nella società dell'informazione" è il titolo del
workshop al quale sono invitato come rappresentante dell'associazione
PeaceLink, nata nel 1991 durante la guerra del golfo, all'interno di un
computer portatile di un insegnante trasformato in "redazione
mobile" e portato in giro per le classi come strumento di educazione
e informazione. Da quel computer, che alcuni anni più tardi sarebbe
diventato il punto di partenza di una vera e propria rete telematica,
partivano documenti e bollettini che denunciavano gli effetti spietati di
quelle che allora erano state appena battezzate dai media col nome di
"bombe intelligenti".
Raggiungere la sede ufficiale del forum è un'impresa tutt'altro che
semplice: Napoli è una città blindata, e l'ingresso al Palazzo Reale è
molto difficile anche per chi, come me, ha un invito ufficiale. Dietro le
divise dei poliziotti e dei carabinieri incontro alcuni sguardi pieni del
rammarico di chi è chiamato a svolgere suo malgrado un compito
sgradevole, ma è ugualmente pronto a svolgerlo con tutta la
determinazione possibile, una determinazione che qualche ora più tardi si
trasformerà in una furia selvaggia e incontenibile, documentata dai
giornalisti coinvolti nei pestaggi mentre cercavano di fare il loro
lavoro.
Più tardi, nel corso della conferenza stampa organizzata dai promotori
del "controvertice", avrei rivisto sguardi simili negli occhi di
altri ragazzi, sinceramente convinti che i veri "nemici" da
combattere fossero le forze dell'ordine e non i "burattinai" che
da una parte e dall'altra delle barricate utilizzano strumentalmente
poliziotti e manifestanti come pedine per nascondere complessi equilibri
di potere dietro il paravento degli scontri e dei disordini di piazza.
Dopo lunghe peripezie per raggiungere la sede del workshop, riesco
finalmente a prendere posto accanto a Stefano Rodotà e agli altri
relatori, che presentano i loro progetti di istruzione e formazione basati
sull'impiego delle tecnologie telematiche. L'ultimo intervento tocca a me,
e sento un brivido percorrere la schiena dei presenti quando annuncio di
essere venuto per esprimere le perplessità e le critiche dei cosiddetti
movimenti "anti-globalizzazione", presentando un "Manifesto
per la "libertà della comunicazione", realizzato assieme ad
altre associazioni e e diffuso attraverso la rete. (www.peacelink.it/dossier/globalforum).
Tra i molti spunti di riflessione contenuti nel "Manifesto"
spicca la critica ad un modello di sviluppo in cui si dà per scontato che
l'obiettivo primario dell'educazione sia fornire ad ogni singola persona
un computer ed un accesso all'internet, senza che nessuno abbia avviato
una seria riflessione sulla sostenibilità e sulla concreta realizzabilità
dello slogan "internet per tutti".
Se l'istruzione telematica è un obiettivo per tutti, non si capisce come
mai si debba perseguire questo obiettivo prima di fornire a tutti gli
abitanti del pianeta gli strumenti linguistici e culturali di base,
soprattutto a quel miliardo di analfabeti che (guarda caso) coincide con
la fascia della popolazione mondiale che vive al di sotto della soglia di
povertà. Se invece l'utilizzo delle nuove tecnologie è un privilegio da
riservare a pochi bisogna avere l'onestà intellettuale di dichiarare
esplicitamente che il fantomatico "villaggio globale" è in
realtà un villaggio globalizzato, un mondo a due velocità con
un'istruzione di serie A e un'altra di serie B.
Il grande inganno culturale del "Global Forum" è stato lo
scambio del fine con il mezzo, la descrizione della telematica e
dell'informatizzazione come un fine da perseguire per il progresso umano e
non come un semplice strumento per l'incontro delle culture e la denuncia
delle ingiustizie. Una visione della realtà confermata dallo stesso
Giuliano Amato, che nel discorso pronunciato in occasione del forum ha
ribadito la necessità di "aprire i mercati" delle
telecomunicazioni anche ai paesi impoveriti.
Anche dai più sperduti angoli del pianeta, ormai basta avere un piccolo
computer e un collegamento telefonico per produrre e consultare
informazione in rete, dando nuove opportunità di crescita sociale e
culturale anche a chi prima era inesorabilmente tagliato fuori dai grandi
circuiti informativi.
Dietro questo effetto di apparente "equalizzazione" sociale,
tuttavia, si nascondono gli interessi economici delle grandi compagnie di
informatica e telecomunicazioni, che hanno tutto l'interesse ad esasperare
l'introduzione delle nuove tecnologie. Più computer, più cavi, più
telefoni, più satelliti, più software: dietro l'orizzonte è in agguato
una nuova "colonizzazione tecnologica", per portare l'internet lì
dove non c'è ancora l'acqua.
I colossi delle tecnologie dell'informazione hanno deciso che anche il sud
del mondo ha bisogno di informatizzarsi e di mettersi velocemente "On
Line". A qualunque costo. Partendo dal Sudafrica, aziende come
Microsoft e IBM hanno iniziato la loro "invasione digitale" per
penetrare anche nel resto del continente. Già nel 1997 Bill Gates, dopo
aver affermato che "c'è un mercato potenzialmente enorme in
Africa", è atterrato a Johannesburg per l'inaugurazione del primo
"villaggio digitale" di Soweto, il primo passo di un
investimento da dieci milioni di dollari.
Il "controvertice"
visto dai media
L'analisi critica della "società dell'informazione" e dei
diversi modelli di sviluppo che si sono scontrati a Napoli richiede uno
sforzo non indifferente. Probabilmente è stato proprio questo il motivo
che ha spinto la maggior parte dei mezzi di informazione ad evitare la
fatica dell'approfondimento, appiattendo il livello della discussione e
riducendo la realtà ad un semplice scontro tra "indiani" e
"cow-boys". Indubbiamente è molto più semplice fare la cronaca
degli scontri che analizzare in dettaglio le posizioni di "globalizzatori"
e "globalizzati".
Chi ha partecipato direttamente ad azioni dirette nonviolente, ad esempio
durante le varie manifestazioni contro i bombardamenti Nato del 1999, sa
benissimo che in ogni corteo basta anche un minimo atto di violenza per
azzerare qualsiasi messaggio positivo e propositivo, che inevitabilmente
passa in secondo piano. Le risse "fanno notizia" e stimolano la
curiosità dei lettori molto più di qualsiasi analisi sociale e politica.
Quali sono stati i messaggi che, attraverso i mezzi di informazione, hanno
raggiunto quel 90% della popolazione escluso dal giro dei "vip"
e dalla ristretta cerchia degli attivisti no-global ? Indubbiamente è più
facile ricordare le immagini ad effetto degli scontri di piazza che le
riflessioni sui modelli di sviluppo dominanti.
Dal punto di vista mediatico ed informativo, bisogna ammettere onestamente
che le contromanifestazioni di Napoli sono state un grave autogol, un
"danno di immagine" che nel futuro renderà ancora più
difficile il lavoro di tutti i movimenti anti-globalizzazione. Quel
variegato insieme di persone e di organizzazioni che i mezzi di
informazione definiscono sbrigativamente "il popolo di Seattle"
è ormai associato nell'immaginario collettivo alla violenza e
all'estremismo, grazie alla semplificazione operata dai media e grazie al
teatrino della violenza in cui ognuna delle parti ha recitato il suo ruolo
alla perfezione, staccando la spina del cervello e dando libero sfogo ad
una rabbia non molto lontana dalla rabbia con cui i gladiatori dell'antica
Roma si scannavano tra loro nel Colosseo mentre i potenti sghignazzavano
in tribuna.
Dopo questo "strappo mediatico" tra la società civile e i
movimenti anti-globalizzazione sarà necessario un duro lavoro per rendere
visibile il lavoro di chi, pur affermando modelli di sviluppo lontani da
quelli della cultura dominante, non si riconosce nella violenza e nello
scontro fisico.
Nel frattempo c'è chi approfitta della distrazione dei mass-media, troppo
impegnati a fare il conto dei feriti nelle piazze, per tracciare il futuro
dell'informazione in Italia senza fare troppo rumore. Il riferimento è ad
un documento di 10 pagine firmato Mediaset, distribuito durante uno dei
workshop del Global Forum, in cui si legge testualmente che la legge
relativa ai servizi di trasmissioni digitali terrestri, approvata dal
Senato il 7 marzo scorso, permette di "ritenere superato l'attuale
regime antitrust sull'analogico", e che, quando il segnale televisivo
non sarà più analogico, ma trasmesso sotto forma di "bit", ci
sarà "la possibilità di superare, nella frontiera digitale, i
divieti di proprietà incrociate tra stampa, televisione e
telecomunicazioni". Quanto basta per un buon articolo. Ma allora
perché nessuno ne parla ?
"Si ringrazia la redazione di "Altreconomia" (www.altreconomia.it)
per la pubblicazione di questo articolo".
Tutti
i colori di Porto Alegre
Nella
capitale dello Stato di Rio Grande do Sul, Porto Alegre, Brasile, fra il
25 e il 30 gennaio 2001 si è tenuto il Primo Forum Sociale Mondiale. È
uno di quei rari eventi che realmente possiamo classificare come storico e
destinato a lasciare segni sul secolo che è appena iniziato. Dal momento
che è stato qualche cosa di gigantesco nelle sue proporzioni e complesso
nelle sue articolazioni, è bene spiegarne passo passo la genesi, lo
sviluppo e le prospettive.
Le
origini del Forum
La
terribile offensiva scatenata alla fine degli anni '80 dal capitale
finanziario ha disarticolato in tutto il mondo le organizzazioni dei
lavoratori, i movimenti popolari, le filiere ambientaliste. Si è
impiantato il dominio supremo del profitto, si decretò la fine della
storia, l'esistenza del pensiero unico e l'esaurimento di qualunque
utopia. Il welfare, dove
esisteva, vide accelerata la sua distruzione, lo sfruttamento di uomini e
donne aumentò in modo vertiginoso. La vita animale e vegetale in tutti i
suoi segmenti è stata classificata come merce, soggetta al mercato, così
come le altre componenti del
pianeta. Si intensificò la guerra come forma di oppressione, controllo e
profitto.
Concetti
come politica, lavoro, solidarietà, cultura, comunità, democrazia sono
stati svuotati. Se ne sono imposti di nuovi, come post-moderno, new
economy, globalizzazione, flessibilità, tolleranza zero, ecc.
I
risultati sono sotto gli occhi di tutti: aumento della diseguaglianza fra
i popoli e all'interno di ogni stato, concentrazione dei redditi, ritorno
della schiavitù, fame, guerre e distruzione crescente del pianeta.
È
chiaro che forme di opposizione e di resistenza a questo doloroso
quadro continueranno a esistere e ad ampliarsi anche se lentamente. Sono
state pubblicate innumerevoli opere teoriche in cui si analizzavano gli
errori del passato recente e si criticava la situazione che si è venuta a
creare. Fra esse è interessante evidenziare un documento del 1994,
scritto da Riccardo Petrella,
Charles-André Udry e Christophe Aguiton, in cui si lanciava l'idea di
creare una "planetaria" dei popoli contro la globalizzazione.
Questo concetto ha cominciato a germinare.
Con
le dimostrazioni di Seattle contro il WTO, e la loro divulgazione
attraverso i mezzi di comunicazione mondiali, si segnalò il fatto che il
movimento anti globalizzazione gattonava per avviare un' offensiva. Da
quel momento in poi ogni riunione importante degli organismi
internazionali dovette affrontare mobilitazioni di piazza, che rivelavano
il carattere antidemocratico e antipopolare di organizzazioni come il WTO,
il FMI, la Banca Mondiale...
Ma
mancava qualche cosa. Un momento di riflessione comune di un movimento
giovane, frammentato in migliaia di organizzazioni, che inglobi esperienze
e culture diversificate. Una riflessione che apra nuove forme di
coordinamento e lotta.
Nel
febbraio 2000 un piccolo gruppo di brasiliani legati al movimento
pensarono che il momento migliore per realizzare una riunione che colmasse
questa lacuna fosse quello dell'incontro che si realizzava da vent'anni in
Svizzera a Davos. In quella piccola città
i maggiori milionari della terra tracciano le loro strategie che
determinano i destini dell'umanità.
Entusiasmati
dall'idea, essi la discussero con l'organizzazione ATTAC della Francia e
con il mensile Le Monde Diplomatique. L'appoggio fu immediato. Si trattava di
scegliere il luogo e proporre al movimento mondiale. Il 28 febbraio si creò
il comitato brasiliano per l'anti Davos e poco tempo dopo il sindaco di
Porto Alegre e il governatore di Rio Grande do Sul si dichiararono
disposti ad ospitare un tale evento. Si trattava ora di trovare la
legittimazione.
Alla
fine di giugno si realizzò a Ginevra un incontro alternativo a quello
sociale dell'ONU. Centinaia di organizzazioni antiliberiste del
mondo intero si incontrarono in quell'occasione. Vi partecipò anche il
vice governatore di Rio Grande do Sul, Miguel Rossetto, che presentò
l'invito. L'appoggio fu unanime e si costituì il comitato internazionale
per realizzare il primo Forum Sociale Mondiale.
Da
quel momento in poi fu una corsa contro il tempo per superare le difficoltà
materiali, politiche e di comunicazione. Le adesioni, inizialmente timide,
cominciarono a trasformarsi in valanga da novembre.
Erano garantite le presenze, ma come sarebbe stato lo sviluppo
dell'incontro? Molte erano le incertezze.
L'incontro
Impossibile
descriverlo in poche righe. Meglio dare i numeri, sebbene imprecisi, per
cogliere il clima: 16.000 persone con credenziali, delegazioni di 122
paesi, circa 2.000 organizzazioni, 1800 giornalisti, 450 parlamentari,
centinaia di sindaci, decine di centrali sindacali, oltre 400 work-shops,
a tacere delle riunioni plenarie e di migliaia di riunioni fra
delegazioni. In parallelo si realizzava anche il forum sociale della
gioventù, con 4000 partecipanti. Il tutto inframmezzato da manifestazioni
di piazza, gruppi musicali e incontri con la realtà sociale e politica
della città.
Si
lavorava dalle prime ore del mattino fino a notte fonda.
In
un clima estremamente fraterno, in una babele di idiomi, in tutte le
tonalità di colori che l'umanità può esprimere, in una vasta gamma di
posizioni politiche, ideologiche e religiose, si discuteva di tutti gli
aspetti del quadro mondiale. Ma tutti hanno ritenuto che sia stato poco,
che era necessario di più.
Così
si è deciso di convocare un altro forum per gennaio 2002, sempre a Porto
Alegre, al fine di consolidare il movimento. Allo stesso tempo si è
chiesto di realizzare incontri nazionali in molti paesi del mondo. A
partire dal 2003 il FSM dovrà realizzarsi in altri paesi. E a partire da
allora si prevede di alternare un anno gli incontri nazionali e un anno
l'incontro planetario.
È
stata anche tracciata un' impegnativa
agenda di lotte all'interno della quale si colloca l'opposizione alla
riunione del G8 del 19-22 luglio 2001 a Genova.
Ma
la cosa più importante è che si è creato un nuovo spirito, chiamato il
"consenso Porto Alegre", che ha decretato che un altro
mondo è possibile in alternativa
al "consenso Washington" che
propaganda l' immobilità, la tristezza e la mancanza di speranza.
Tutto
l'orgoglio dei partecipanti a questa riunione sarà riassunto nella frase
che verrà scritta sul monumento che si erigerà in una piazza di Porto
Alegre e che dirà al mondo che “il secolo XXI è cominciato qui, nel
gennaio 2001”.
Dopo
Seattle, oltre Porto Allegre
Da
Seattle in poi, la Rete antiliberista che in quella occasione fece la sua
prima comparsa, s’è data molti altri appuntamenti di lotta: Genova
TEBIO, Praga, Nizza, ecc.. Sempre però, in ogni occasione, i suoi
detrattori politici, i pennivendoli di una stampa ormai mondializzata dal
WTO e talvolta anche la voce di qualche vetero marxista, si sono espressi
più o meno in questo modo:”E’ un movimento senza futuro, troppo
diverso e contraddittorio nei soggetti che lo compongono. Stanno insieme
solo sui NO, e sulle manifestazioni contro.
Porto
Alegre è stata una buona risposta a questi argomenti.
A
Porto Alegre, la Rete s’è data appuntamento ma questa volta per
discutere, tutti assieme, diversi e contradditori come siamo, per trovare
assieme risposte, mischiare i linguaggi, tessere un primo tenue filo
organizzativo e di contenuti. Per
sei giorni, più di 10-15.000 persone, 6.000 provenienti da ben120
paesi,hanno fatto questo miracolo. Coscienti che il dominio del mercato e
del capitale, l’individualismo che genera l’assenza di valori
collettivi, mette a rischio tutto ciò che vive su questo pianeta, lo
rende merce, spegne i sentimenti ecc... Ma ci costringe tutti, con le
nostre diverse contraddizioni e sensibilità, ad interagire, mischiare,
cambiare se necessario le proprie convinzioni.
Questo
è ciò che è avvenuto a Porto Alegre. Non è uscito un programma
unitario, il progetto compiuto, ecc.. Non è uscito e non doveva uscire.
Perché ciò che doveva invece succedere a Porto Alegre, era l’inzio di
un camminare assieme tra diversi che ora si conoscono, conoscono le
reciproche convinzioni, esigenze e possibili convergenze,per poter
cominciare a delineare: UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE. Bene i primi passi
sono iniziati, sulla strada di ciò che Riccardo Petrella chiama, e
volutamente con enfasi di linguaggio: La prima planetaria.
Ecco...
il linguaggio.
Il
linguaggio di Porto Alegre, è nuovo e nello stesso tempo nella sua
ricercata enfasi trasmette il senso della storia. E” carico di
responsabilità per chi l’ascolta: L’UMANITA”gli esseri VIVENTI
violentati nella materia e nello spirito dalla violenza del
pensiero unico del mercato, quali referenti del nostro impegno,
IL PIANETA come nostra dimensione ed orizzonte, ecc..Stiamo
lottando per queste cose ed il linguaggio vuole
trasmetterci questa responsabilità, sembra dirci: “Guardate che
questo è il vostro compito ..Ne siete responsabili?.. Vuole scuotere le
nostre coscienze, darci il senso di una nuova idealità per la quale val
la pena di battersi, rischiare sacrificarci, militare, costruire speranze
e forse miti. Questo era lo spirito di quelle sale dell’università
cattolica di Porto Alegre, dei tamburi e dei canti dell’Africa che muore
e che cerca l’orgoglio, nelle parole del poeta Galeano recitate e mimate
da una splendida mulatta. Linguaggio, musica, parole, che entrano nei
cuori nelle menti di 10.000 persone, dando a tutti le stesse emozioni e
facendoci sentire un unico organismo vivo ed impegnato.
Il
conflitto.
Dopo
il linguaggio questa è un’ altro dei motivi che hanno percorso il
FORUM.
Scontro
o confronto con i poteri di Davos? Concertazione o scontro con la
globalizzazione capitalista? Come concepire la nostra globalizzazione
antiliberista? Con le mille testimonianze di esperienze esistenziali
alternative o con le lotte le mobilitazioni i movimenti sociali? E le
istituzioni di Bretton Woud e il WTO,
riformarle o battersi per delle nuove, democratiche e
rappresentative dei popoli? Operai e sindacalisti della CUT o della CGIL o
dei COBAS, femministe della marcia mondiale delle donne, ambientalisti,
popoli indigeni SEM TERRA, ZAPATISTI, VIA CAMPESINA, ong, onlus e l’arci
italiana, le associazioni del mercato Equosolidale, del biologico ecc., a
tutti il Forum ha posto
quest’ordine di domande.
Senza
dare risposte compiute e definite, l’esperienza dei SEM TERRA è stata
però per tutti, un concreto punto di riferimento con il quale misurarsi.
Lotta, movimento, occupazione delle terre, ma anche esperienza produttiva
diversa e alternativa, modello di vita comunitaria, ma anche salvaguardia
delle individualità, progetti di cooperazione internazionale, mercato
equosolidale e lotta al transgenico e alla Monsanto, coltivazione e
allevamento biologico, e infine incontro scontro con la politica e le
istituzioni.
La
città.
Già,
la città di Porto Alegre, che ha
accolto per 6 giorni la moltitudine del FORUM, partecipando
all’evento coralmente, è stata lei stessa un elemento
emblematico di interazione tra diversità
e contraddizioni. L’esperimento di Porto Alegre, è un pezzo della
riflessione politica della Rete e del FORUM.
Una
città moderna di un milione e mezzo di persone, una città che è stata
operaia e che è stata deindustrializzata. Da più di 10 anni è governata
dalla sinistra che dalle ultime e recenti elezioni è uscita con il 67%.
Che però, vive un esperimento politico sociale culturale nuovo ed
esaltante che solo la miseria dell’arrognte provincialismo e localismo
della sinistra e dell’ambientalismo italiani può continuare ad ignorare
o a considerare cosa da paese del terzo mondo.
Una
città e una sinistra che attraverso l’esperienza del bilancio
partecipato hanno riavvicinato i cittadini e i movimenti sociali alla
politica, all’interesse collettivo, al senso civico del bene comune.
Una
città che mette un quarto delle proprie entrate a disposizione delle
scelte della partecipazione diretta dei cittadini, delle forze sociali dei
movimenti e delle associazioni.
Scelte
discusse nelle istanze decentrate dei quartieri, discusse e votate secondo
un percorso che dura un anno, da bilancio a bilancio, che presuppone una
interazione tra interessi e soggetti diversi che scelgono assieme le
priorità, e tra democrazia diretta e istituzioni elettive e delegate.
Dove
i partiti che devono governare e tener conto del consenso elettorale, si
rapportano alla radicalità dei movimenti con la coscienza che sono
elementi di forza per la mediazione e non ostacoli alla concertazione con
gli avversari.
Una
città che si proietta nel mondo e proietta in tal senso i propri
cittadini, che nel fare ciò sceglie il campo in cui stare nello scontro
che divide il pianeta tra ricchi e poveri tra vassalli dell’impero e
ribelli antiliberisti Che offre, a chi si batte nel mondo, il palcoscenico
di una città, che diffusamente, con simpatia, ci ha accolti e ha
condiviso il sentimento di tutti noi, che proprio li, in quei giorni si
manifestava un evento che per dirla con il governatore dello stato del Rio
Grande Do Sol faceva si che il mondo da domani sarebbe stato un po’
diverso.
Porto
Alegre II
Cari
amici:
Riprendo il discorso interrotto qualche giorno fa e mi scuso per il
ritardo con cui mando la seconda parte di questo messaggio. Ringrazio
l'interesse di coloro che, in posta privata, mi hanno invitato a
trasmetterlo.
Eravamo rimasti alle conclusioni di Porto Alegre. Per definizione il Foro
Sociale non aveva come scopo quello di elaborare un vero e proprio
documento organico, ma piuttosto quello di stimolare la riflessione su
alcune possibilita' d'azione complementari alla globalizzazione.
Riporto la lista delle principali proposte emerse dal Foro, su cui la
discussione e' aperta. Possono divenire gli assi di una nuova costruzione
di sinistra per il mondo globalizzato? A tutti noi la risposta.
Premetto, tanto per chiarire, che alcune di queste proposte mi convincono,
altre molto meno.
Se io fossi stato a Seattle, sarei stato dentro il Palazzo, non fuori a
protestare, ma ritengo interessante che tutti noi possiamo confrontarci
con questi temi qualunque sia la nostra posizione od il nostro background.
1. Trasformazione del Foro Sociale di Porto Alegre in un Foro
internazionale permanente, che meta in rete ONG, sindicati, partiti etc,,
allo scopo di creare una mobilitazione permanente attorno ai temi che
stanno a cuore alla societa' civile. In questo senso, l'edizione annuale
del Foro non sarebbe che una delle espressioni organizzate di questa rete.
2. Creazione di un Tribunale Internazionale contro i crimini del
neoliberalismo e della globalizzazione: creato non da Stati ma dai
rappresentanti della societa' civile, avrebbe come scopo quello di mettere
in luce eventuali crimini commessi in nome della ricerca del profitto a
tutti i costi: parallelamente allo svilupparsi di un diritto penale
internazionale, che permette di perseguire i dittatori, questo nuovo
Tribunale giudicherebbe delitti commessi contro nazioni, popoli ED etnie,
l'ambiente.
Commento: questa proposta non mi vede d'accordo. Chi sceglie i giudici?
Come facciamo ad essere sicuri che siano indipendenti? Questo Tribunale
non diverrebbe un foro politico delegittimato tipo Unesco anni 70, quando
il capitalismo era l'impero del male? Bah..
3. Introduzione su scala internazionale della Tassa Tobin sui movimenti
speculativi di capitali.
4. Finanziamento su scala mondiale di programmi educativi di base,
mediante switch di debiti.
La proposta prende lo spunto da un programma partito proprio qui a
Brasilia ed in via d'estensione in tutta l'America latina. Si tratta del
cosiddetto "bolsa - escola", che consiste nel pagare alle
famiglie un salario di sostituzione di quello che il minore otterrebbe
lasciando la
scuola per andare a lavorare. La frequenza scolastica e' condizione sine
qua non per l'elargizione dei fondi. Il programma sta funzionando molto
bene in America Latina perche' colpisce alla radice il problema
dell'abbandono scolare ( i famosi bambini di strada sono assai raramente
orfani od abbandonati, ma sono spesso messi sulla strada dalla loro
famiglia per contribuire al reddito familiare).
Secondo i calcoli dei proponenti, mediante la conversione del 13% del
debito esterno dei PVS sarebbe possibile finanziare un programma di questo
tipo per le famiglie dei 250 milioni di bambini lavoratori nel mondo.
5. Lancio di un programma di reddito minimo su scala mondiale:
garantirebbe condizioni essenziali di vita per milioni di persone.
Un fondo di 100 miliardi di US$ (ricavati dalla Tassa Tobin o dalla
conversione di debito) permetterebbe di fornire redditi - base adeguati al
paese di residenza ad un miliardo di persone.
6. Lancio di un programma internazionale di sviluppo sociale, che verrebbe
a completare i programmi internazionali di sviluppo economico.
Tale programma si concentrerebbe su temi quali educazione, salute ed
igiene di base, grandi epidemie, alimentazione, degrado ambientale etc.
Tale programma non sarebbe alternativo o sostitutivo ai programmi
finanziari tipo FMI, ma li integrerebbe.
Commento: e' impressionante vedere com, dopo i granchi presi in Asia che
hanno minato la sua credibilita', lo stesso FMI abbia integrato la
dimensione sociale al proprio discorso. Esiste quindi un oggettivo
concorso di circostanze che fa pensare che non sia impossibile pensare
di rilanciare strumenti operativi internazionali focalizzati sul sociale.
Per anni la ricetta contro la poverta' e' stata: sviluppiamo le economie,
i problemi sociali si risolveranno poi da soli. Equazione piu' o meno
corretta, ma la sua seconda parte e' troppo lenta nel dispiegare i suoi
effetti, come il caso del Brasile dimostra chiaramente.
Bisogna quindi incentivarla, senza pero' mettere in pericolo la prima
parte dell'equazione. Difficile? Certo, nessuno ha mai detto che siamo di
fronte a problemi facili.
7. Definizione del diritto alla mobilita' umana internazionale: beni,
servizi e capitali possono circolare sempre piu' liberamente, ed e' un
bene. Le persone lo fanno anch'esse, ma malamente, in condizioni precarie
ed avvilenti. E' quindi necessaria una grande battaglia
internazionale per garantire l'equiparazione a tutti gli effetti dei
diritti dei migranti a quelli dei nazionali e l'abrogazione di tutte le
leggi discriminatorie.
Ma al tempo stesso:
8. Lancio di programmi internazionali d'incentivi che permettano
l'esercizio sostanziale del diritto a vivere dove si e' nati.
Teoricamente e' un diritto che tutti noi abbiamo, ma nella pratica milioni
di persone non possono goderne. Che fare? Una volta di piu', l'unica
risposta valida ad un fenomeno globale e' una risposta internazionale.
I meccanismi d'incentivo (pensiamo ai ricercatori che continuano a vivere
nel loro paese senza che, grazie alla rete, sia necessario che emigrino)
non possono che venire da iniziative concertate internazionalmente.
Commento: mi sembra interessante la difesa di questi due principi
apparentemente contraddittori ma in pratica complementari. Puo' sembrare
tutto molto utopico, ma penso che il mondo vada proprio in quella
direzione.
9. Recupero del ruolo dello stato in termini di etica ed efficienza:
lavorare non per il superamento dello stato, ma per il suo adattamento
alle nuove necessita'. Si' quindi ad uno stato "leggero" come
vuole il liberalismo, ma si' anche alla solidarieta', si' alla
responsabilita'
fiscale ma anche sociale, no alla corruzione.
10. Aggiunta mia: lancio e messa in pratica di tutti gli strumenti
tecnici, giuridici ed economici necessari per portare avanti una battaglia
decisiva contro la corruzione, politica od economica che essa sia.
Passi avanti se ne sono fatti in questi anni, ma molto di piu' si puo'
fare per arginare il cancro della corruzione, che devia risorse favolose
che dovrebbero essere destinate ad altri fini. I margini per migliorare ci
sono eccome, basta che si voglia farlo davvero..
11. Elaborazione di un nuovo consenso internazionale: cosi' come Davos
incarna il consenso esistente attorno ai valori del capitalismo, il
consenso di Porto Alegre (o come lo si voglia chiamare), puo' venire a
completare ed a correggere i limiti della globalizzazione.
Tutto cio' e' emerso a Porto Alegre. E' poco, e' molto? Proviamo a
parlarne.
Qualcuno potra' eccepire che la piattaforma di Porto Alegre e' molto piu'
legata ai problemi del Sud del mondo che a quelli del Nord, che e' piu'
attenta ai problemi dei paesi poveri che di quelli ricchi.
In realta', le interdipendenze tra Nord e Sud sono oggi piu' evidenti che
mai, e non esiste problema che non abbia il suo rovescio.
Si puo' partire da qui per definire un nuovo pensiero progressista che non
si appiattisca su una versione ingentilita del liberalismo?
Il dibattito e' aperto.
Porto Alegre
Cari
amici,
non ho partecipato di persona al Foro Sociale di Porto Alegre, ma ho avuto
l'occasione 'incontrarmi con alcuni degli organizzatori di questa
manifestazione.
Ritengo utile diffondere in lista qualche informazione sul Foro e sulle
prospettive di sviluppo dell'iniziativa, la cui presentazione sui media e'
stata fuorviata anche a causa delle controproducenti performances dell'
"eroe" Jose' Bove' (personaggio che ritengo assolutamente
deleterio per la sua stessa causa).
In questo primo messaggio presentero' lo spirito dell'iniziativa, in un
secondo gli scenari per il "dopo Porto Alegre".
Il Foro Sociale di Porto Alegre e' nato dall'idea di un gruppo di persone
legate alla sinistra brasiliana, che voleva sviluppare un'iniziativa
capace di dare organicita' a quel disagio derivante dagli effetti perversi
della globalizzazione emerso prepotentemente a Seattle.
Proposta a "Le Monde Diplomatique", l'idea assume la forma di un
Foro alternativo a Davos, da realizzarsi in contemporanea con esso per
discutere gli aspetti della globalizzazione trascurati (si suppone) a
Davos.
Come luogo viene scelta Porto Alegre, una citta' dove da dieci anni vieni
portato avanti dal municipio di sinistra un sistema di gestione del
bilancio comunale senz'altro originale: si tratta dell' "orçamento
participativo" (bilancio participato), procedimento mediante il quale
le scelte in materia di spesa comunale vengono effettuate mediante un
sistema capillare di assemblee di quartiere aperte a tutta la
cittadinanza, nelle quali non ci si limita a dare pareri ma si vota con
effetto vincolante per il Comune.
Porto Alegre e' quindi divenuto un punto di riferimento internazionale per
chi guarda con interesse a forme piu' dirette di gestione del territorio,
che si dimostrano possibili non solo in un villaggetto sperduto sulle
montagne ma anche in una citta' industriale con piu' di un milione di
abitanti.
La contrapposizione con Davos e' voluta, ma e' importante capire che il
Foro Sociale non porta avanti un'utopica lotta contro la globalizzazione
ma piuttosto vuole mettere in luce la necessita' di mettere la
globalizzazione al servizio degli uomini e non dei mercati.
Insomma, si' alla globalizzazione, grande opportunita' da sfruttare, ma
identificando dei meccanismi che permettano di porre al primo posto la
qualita' della vita per tutti.
Questo e' un importante passo in avanti rispetto alle archeologiche
posizioni di chi si oppone al concetto stesso di globalizzazione,
impelagandosi in una battaglia persa e senza senso.
Bisogna anche dire che Seattle e Porto Alegre sono essi stessi fenomeni
figli della globalizzazione, cosi' come lo sono gli effetti positivi e
negativi sul funzionamento dei mercati: senza Internet non sarebbe stata possibile
la mobilitazione di Seattle, senza la rete non si sarebbe potuto
organizzare Porto Alegre in pochi mesi.
La rete quindi offre l'opportunita' alla sinistra di dare una risposta
costruttiva alla globalizzazione: a dieci anni dalla caduta del Muro di
Berlino sta forse cadendo il mito del pensiero unico e s'intravede la
possibilita' di un pensiero alternativo al liberalismo e perdipiu' su
scala planetaria e generato dal basso, dalla societa'.
Anche se diverse delle proposte di Porto Alegre non mi convincono, ritengo
utile poter uscire dalle strettoie del pensiero unico: la concorrenza e'
sempre un bene..
Se Seattle aveva espreso un disagio piu' che delle proposte, e se anzi
quel "casino organizzato" sbagliava probabilmente destinatario
(un mondo senza OMC o con una OMC che funziona male e' meno democratico e
piu' iniquo) e raccoglieva al suo intorno esigenze e tendenze del tutto
incompatibili, con Porto Alegre incomincia ad intravedersi una certa
tendenza costruttiva.
Oddio, il Foro era per sua natura organizzato dal basso, quindi ha visto
centinaia di riunioni e di temi trattati un po' alla rinfusa.
Ma il fatto che un Soros (vedete un po' come sono cattivo, non sopporto
Bove' ed apprezzo Soros..) interloquisse in videoconferenza con Porto
Alegre e che anche a Davos per la prima volta si sia parlato di aspetti
sociali (sottosviluppo, divisione digitale, epidemie), mette in luce come
la fase ultra - ottimista del pensiero unico sia tramontata e sia sempre
piu' evidente ai piu' la necessita' di allargare lo sguardo ad altri
aspetti della realta' che non siano semplicemente la produzione ed
il consumo.
La sinistra mondiale, allo sbando ideologico da un decennio, ha
l'occasione di ritrovare una prospettiva costruttiva e non semplicemente
(e inutilmente) distruttiva.
Il Foro Sociale diventera' permanente: l'anno prossimo sara' organizzato
in sezioni che avranno luogo in contemporanea in diversi paesi, per
ritornare probabilmente in un luogo solo (non per forza Porto Alegre) tra
due anni.
Nel mio prossimo intervento presentero' alcune delle proposte attorno alle
quali si e' generato un certo consenso a Porto Alegre.
Assenza
del movimento delle donne?
Sono
appena tornata dal Brasile dove ho partecipato - tra le altre cose - al
Forum sociale mondiale e dando un'occhiata a Carta, con la convocazione
dei Cantieri sociali a Pescara, riesco a contare 42 relatori tra cui 40
uomini.
Povera
vecchia sinistra italiana, penso. Meno male che a livello mondiale tira
un'area totalmente differente.
A
Porto Alegre non solo hanno partecipato una maggioranza di donne ma esse
erano presenti come soggetto politico a tutti tavoli e le tematiche
femministe hanno largamente attraversato le elaborazioni di questo
momento di confronto internazionale tra i vari movimenti sociali che si
adoperano per trasformare questo mondo. In particolare il coordinamento
della Marcia mondiale delle donne contro le violenze e la povertà ha
collaborato alla stesura del documento finale dell'assemblea dei
movimenti sociali della cui presidenza faceva parte - sappiamo quanto
contano anche i simboli e la visibilità dei corpi!
Questo
documento infatti parla di donne e uomini, impegnate/i nella lotta per i
diritti dei popoli...e dice:
"La
globalizzazione rafforza un sistema sessista, escludente e patriarcale,
incrementa la femminilizzazione della povertà e acuisce la violenza, di
cui le principali vittime sono donne e bambini/e. L'UGUAGLIANZA TRA
UOMINI E DONNE E' UNA DIMENSIONE CENTRALE DELLA NOSTRA LOTTA . Senza
questa uguaglianza, nessun altro mondo sarà possibile."
Con
amara sorpresa leggo sul Manifesto, tre giorni dopo, la convocazione
dell'assemblea post-Porto Alegre a Milano: circa 10 relatori di varie
aree antiglobalizzazione - più o meno presenti in Brasile - con totale
assenza del movimento delle donne.
Cosa
hanno appreso questi compagni a Porto Alegre? Di cosa parlano quando
riempiono la bocca del rinnovamento della sinistra e della pluralità
dei soggetti della trasformazione se non vedono neanche la prima delle
relazioni di potere, anteriore a quella di classe e trasversale ai
sistemi di produzione, che è quella fondata sul genere?
Comunque
questo "increscioso incidente" non fa che rafforzare la nostra
determinazione nella costruzione di un movimento AUTONOMO di donne
contro la globalizzazione, costruendo i nostri momenti di incontro e di
mobilitazione, così come abbiamo fatto da Roma a Bruxelles - 40.000
donne in piazza - nel 2000. E così faremo a Genova in occasione del G8
potendo contare sull'appoggio di una rete capillare di 6000 organismi
operanti in 161 Paesi.
La
nostra Marcia continua e alcuni, tra gli spiriti più illuminati, stanno
aprendo gli occhi e scoprendo l'interesse strategico di un'alleanza con
noi.
Altri
arriveranno.....oppure finiranno con i tanti avanzi che questo millennio
ha da spazzare via.